4.1.19

Studi, 1: padre Fiorenzo Mastroianni, “Benedetto da Seminara”, tratto dal “Dizionario bio-bibliografico dei Cappuccini di Napoli”, di prossima pubblicazione.


Il testo che pubblichiamo in anteprima, per gentile concessione, dà esso inizio a una nuova serie di post, articoli di “Taurianum”, non essendo collocabile in nessuna delle serie finora avviate. Si tratta di una voce del “Dizionario bio-bibliografico dei Cappuccini di Napoli”, redatto da padre Fiorenzo Mastroianni e di prossima pubblicazione. Il Dizionario in due volumi è prenotabile al costo di 120 euro. Trattasi per noi seminaresi di una voce assai importante, su una figura fondamentale della nostra storia, Benedetto da Seminara, al secolo Marco Antonio Leoni-Marzano. Non conosciamo purtroppo il luogo e il giorno della nascita, per atto documentale, che dovette essere nell’anno 1567, se a 19 anni, nel 1586 Benedetto emise i voti. I registri parrocchiali, se esistenti per quell’anno in Seminara, non ci consentono di appurarlo o di escluderlo. Iniziano esattamente dal 1600 con ampi squarci, ma è ben chiaro dagli indici finali che rinviano al numero delle pagine perdute, che in Seminara nella seconda metà del XVI esistevano atti battesimali registrati. La morte e il luogo ci sono invece certi: il 16 marzo 1627 nel convento di Seminara. Sentiamo cosa ci dice padre Fiorenzo, al quale va la nostra gratitudine e il nostro ringraziamento.
SSSP

BENEDETTO DA SEMINARA, Sac. (†1627) 
Marcantonio Leoni 

Appartenne alle nobili famiglie Leoni[1] dei Conti di Squillace da parte del padre, e Marzano dei Duchi di Sessa da parte della madre. Studiò diritto a Napoli, ma poi entrò nel “Seminario dei giovani nobili” dei Gesuiti, divenendo “erudito tra gli storici, ameno tra i poeti, ed elegante fra gli oratori”[2].

Ammalatosi gravemente, guarì dopo una visione di Maria santissima, che gli sarebbe apparsa anche in seguito per strada a Napoli, sotto le spoglie di una “pia matrona”, la quale - dopo essersi congratulato per la recuperata salute - gli insinuò che sarebbe stato gradito alla Vergine se si fosse dedicato totalmente a Dio nell’ordine cappuccino. Il provinciale p. Basilio da Napoli (1585-87)[3] lo inviò nel noviziato di Caserta, dove emise i voti il 20 marzo 1586, avendo l’età di 19 anni[4]. Nel testamento  – richiesto dal diritto prima della professione dei voti[5] - dispose che si istituisse un Monte di pietà per i poveri a Seminara, che esisteva ancora nel ‘700, quando ne scrisse il Celentano[6]. Fece “grandissimo profitto” negli studi, e, predicando sui primi pulpiti d’Italia, si guadagnò la fama di “oratore celebre e teologo di gran talento”. Predicò sette quaresime a Reggio Calabria e città vicine, insegnò filosofia e teologia a molti chierici; guardiano in vari conventi, definitore, provinciale per tre volte. Divenne lettore di filosofia e teologia a “molti studenti” in questa “sua napoletana provincia”, scrisse il Celentano[7]; ma in realtà – nella provincia di Napoli - fu solo lettore di logica nel 1596[8]

Nel maggio 1597[9] il generale p. Girolamo da Sorbo lo inviò con altri “nella Valtellina, e Valtellia” per passare poi in Francia e in Germania per evangelizzare i calvinisti e protestanti; ma giunti a Brescia, vi trovarono la peste e lui dovette far ritorno “in questa sua napoletana Provincia, dove compì le spedizioni degli ardui affari commesseli”[10]. Secondo il Celentano, “per ordine obedientiale de’ Superiori” si portò nella provincia di Reggio Calabria, dove restò vari anni: nel 1599 guardiano a Seminara[11], nel 1602 fu docente di logica, e di teologia nel 1605[12]; nel 1606, 1608, 1615 e 1621 fu eletto provinciale di Reggio Calabria[13].

Frate orante e penitente, digiunava e si disciplinava a sangue, ma non senza il permesso del direttore spirituale, e dormiva tre ore per notte avendo per guanciale un sasso, col permesso esplicito del guardiano[14]. Dei suoi doni soprannaturali – spirito di profezia e dei miracoli – scrissero alcuni suoi contemporanei, e il Celentano ne prese nota nelle sue Memorie. Ad esempio, quando fu gravemente ferito da una cerva nel “Palco Baronale” di Nocera, non permise che fosse abbattuta – come decise il duca – prevedendo che la cerva sarebbe venuta a inginocchiarsi davanti a lui; infatti, mentre la sua ferita si sanò durante la notte, il giorno seguente tornò a passeggiare col duca nel “Palco”, e la cerva venne a prostrarsi e poi, portatasi in un anfratto, morì[15]. Ancora: trovandosi in preghiera alla Concezione, ebbe in visione il fratello Alfonso che veniva malmenato e gravemente ferito e poi - ricevuti i sacramenti – morire. Ne parlò al superiore per i suffragi, e, quando giunsero le lettere dei familiari, confermarono la visione[16].  

A Nocera scrisse tre volumi, uno dei quali lo intitolò Dottrina cristiana divisa in sette trattati, le sue prediche quaresimali, e infine i suoi sermoni, che poi furono affidati al bibliotecario della Concezione, dove erano al tempo del Celentano nel Settecento e furono registrati da Apollinare da Valence nella sua Bibliotheca nell’Ottocento[17].
Anche nella provincia di Reggio manifestò i suoi carismi particolari: riprese severamente una donna perché teneva con poco rispetto in casa  “lo berrettino del glorioso S. Francesco di Paola”, rivelandole che quella “reliquia” fu portata in quella casa da un vescovo suo parente. La donna portò nella chiesa dei frati di Seminara quel berrettino, che fu esposto alla venerazione dei fedeli[18]. A sua nipote Maria Oliva predisse la nascita di un figlio maschio, che poi divenne “uno dei qualificatissimi soggetti per letteratura e pietà” nell’Ordine dei Domenicani[19].

Predisse la sua morte mentre si trovava nel convento di Seminara, e chiese gli ultimi sacramenti.  Tre giorni dopo entrò in “dolce agonia”, stringendo il crocifisso tra le mani, e spirò santamente il sabato della domenica quarta di quaresima, il 14 marzo 1627. Volle essere sepolto nella sacrestia del convento, sotto l’icona dell’Immacolata, chiedendolo al suo superiore p. Diego da Mileto, al quale, prima di morire, consegnò tutti i suoi manoscritti[20]. Dopo la morte si verificarono fatti prodigiosi, riferiti dal Celentano nelle sue Memorie[21]. A Seminara fu sempre ritenuto beato e gli fu dedicata una strada.

padre Fiorenzo Mastrojanni, 2019


[1] Em I, 715 scrive Leone, e a p. 717 de Leone.
[2] Em I, 715.
[3] M. Parente, Sintesi,  60.
[4] Em I, 715.
[5] Infatti il testamento risale al 20 marzo 1584; cf Ragioni per la città di Seminara nella causa che verte tra essa, ed il Sacro Monte della pietà della Città medesima”, di Andrea de Sarno (1756), p. 2.
[6] Em I, 715s. Risale al 1756 lo stampato “Ragioni per la città di Seminara, citato sopra.
[7] Em I, 716.
[8] Acta Ord., I,73; M. Parente, Sintesi,  69.
[9] M. Parente, Sintesi, 79. “Da Napoli – scrive M. Parente – partirono il 19 magio 1597 p. Michele da Solofra (guardiano di S. Germano), p. Bonaventura da Aversa (guardiano di Cava dei Tirreni), p. Benedetto da Seminara, p. Francesco da Brindisi e p. Egidio da San Severino”, oltre i frati calabresi e pugliesi”; Ibid.
[10] Em I, 716.
[11] Ibid.,  I, 154.
[12] Acta Ordinis, I, 154 193 242.
[13] Ibid., I, 285 per l’anno 1608; per il 1606, 1615 e 1621 cfr Em I, 718;  Lex. Cap. 1463.
[14] Ibid., I, 716.
[15] Ibid., I, 717s.
[16] Ibid., I, 717.
[17] AV, 51s. Bernardo da Bologna, Bibliotheca scriptorum, Venezia 1747, 40s. Cfr BN 117n. - Francesco da Vicenza, Gli scrittori cappuccini calabresi, Catanzaro 1914, 13-16. Lex. Cap. 194s. Scarfo Giovanni, Elogio del Padre Benedetto Leoni da Seminara. Napoli 1715. Teetaert, Benoit de Seminara, in Diz. Hist. Géogr. Ecclés, VIII, Paris 1935, col 261.
[18] Em I, 718s.
[19] Ibid., I, 719.
[20] Ibid., I, 719.
[21] Ibid., I, 720s. Ringrazio il prof. Antonio Caracciolo per le notizie su p. Benedetto.

Nessun commento:

Francesco Russo: «Filarete di Calabria», voce in Enc. Cattolica

 FILARETE di CALABRIA, santo.  Asceta basiliano, nato a Palermo nel 1020 da genitori calabresi, deportati dai Saraceni, morto il 6 aprile 10...