SSSP
BENEDETTO DA
SEMINARA, Sac. (†1627)
Marcantonio Leoni
Appartenne alle nobili famiglie Leoni[1] dei Conti di Squillace da parte del padre, e Marzano dei Duchi di
Sessa da parte della madre. Studiò diritto a Napoli, ma poi entrò nel
“Seminario dei giovani nobili” dei Gesuiti, divenendo “erudito tra gli storici,
ameno tra i poeti, ed elegante fra gli oratori”[2].
Ammalatosi gravemente, guarì dopo una visione di Maria santissima, che
gli sarebbe apparsa anche in seguito per strada a Napoli, sotto le spoglie di
una “pia matrona”, la quale - dopo essersi congratulato per la recuperata
salute - gli insinuò che sarebbe stato gradito alla Vergine se si fosse
dedicato totalmente a Dio nell’ordine cappuccino. Il provinciale
p. Basilio da Napoli (1585-87)[3] lo inviò nel
noviziato di Caserta, dove emise i voti il 20 marzo 1586, avendo l’età di 19
anni[4]. Nel testamento
– richiesto dal diritto prima della professione dei voti[5] - dispose che
si istituisse un Monte di pietà per i
poveri a Seminara, che esisteva ancora nel ‘700, quando ne scrisse il Celentano[6]. Fece
“grandissimo profitto” negli studi, e, predicando sui primi pulpiti d’Italia,
si guadagnò la fama di “oratore celebre e teologo di gran talento”. Predicò
sette quaresime a Reggio Calabria e città vicine, insegnò filosofia e teologia
a molti chierici; guardiano in vari conventi, definitore, provinciale per tre
volte. Divenne lettore di filosofia e teologia a “molti studenti” in questa
“sua napoletana provincia”, scrisse il Celentano[7]; ma in realtà
– nella provincia di Napoli - fu solo lettore di logica nel 1596[8].
Nel maggio 1597[9] il generale p. Girolamo da Sorbo lo inviò con altri “nella Valtellina, e Valtellia” per passare poi in Francia e in Germania per evangelizzare i calvinisti e protestanti; ma giunti a Brescia, vi trovarono la peste e lui dovette far ritorno “in questa sua napoletana Provincia, dove compì le spedizioni degli ardui affari commesseli”[10]. Secondo il Celentano, “per ordine obedientiale de’ Superiori” si portò nella provincia di Reggio Calabria, dove restò vari anni: nel 1599 guardiano a Seminara[11], nel 1602 fu docente di logica, e di teologia nel 1605[12]; nel 1606, 1608, 1615 e 1621 fu eletto provinciale di Reggio Calabria[13].
Nel maggio 1597[9] il generale p. Girolamo da Sorbo lo inviò con altri “nella Valtellina, e Valtellia” per passare poi in Francia e in Germania per evangelizzare i calvinisti e protestanti; ma giunti a Brescia, vi trovarono la peste e lui dovette far ritorno “in questa sua napoletana Provincia, dove compì le spedizioni degli ardui affari commesseli”[10]. Secondo il Celentano, “per ordine obedientiale de’ Superiori” si portò nella provincia di Reggio Calabria, dove restò vari anni: nel 1599 guardiano a Seminara[11], nel 1602 fu docente di logica, e di teologia nel 1605[12]; nel 1606, 1608, 1615 e 1621 fu eletto provinciale di Reggio Calabria[13].
Frate orante e penitente, digiunava e si disciplinava
a sangue, ma non senza il permesso del direttore spirituale, e dormiva tre ore
per notte avendo per guanciale un sasso, col permesso esplicito del
guardiano[14]. Dei suoi doni
soprannaturali – spirito di profezia e dei miracoli – scrissero alcuni suoi
contemporanei, e il Celentano ne prese nota nelle sue Memorie. Ad esempio, quando fu gravemente ferito da una cerva nel
“Palco Baronale” di Nocera, non permise che fosse abbattuta – come decise il
duca – prevedendo che la cerva sarebbe venuta a inginocchiarsi davanti a lui;
infatti, mentre la sua ferita si sanò durante la notte, il giorno seguente
tornò a passeggiare col duca nel “Palco”, e la cerva venne a prostrarsi e poi,
portatasi in un anfratto, morì[15]. Ancora:
trovandosi in preghiera alla Concezione, ebbe in visione il fratello Alfonso
che veniva malmenato e gravemente ferito e poi - ricevuti i sacramenti –
morire. Ne parlò al superiore per i suffragi, e, quando giunsero le lettere dei
familiari, confermarono la visione[16].
A Nocera scrisse tre volumi, uno dei quali lo intitolò
Dottrina cristiana divisa in sette
trattati, le sue prediche quaresimali, e infine i suoi sermoni, che poi furono
affidati al bibliotecario della Concezione, dove erano al tempo del Celentano
nel Settecento e furono registrati da Apollinare da Valence nella sua Bibliotheca nell’Ottocento[17].
Anche nella provincia di Reggio manifestò i suoi
carismi particolari: riprese severamente una donna perché teneva con poco
rispetto in casa “lo berrettino del
glorioso S. Francesco di Paola”, rivelandole che quella “reliquia” fu portata
in quella casa da un vescovo suo parente. La donna portò nella chiesa dei frati
di Seminara quel berrettino, che fu esposto alla venerazione dei fedeli[18]. A sua nipote
Maria Oliva predisse la nascita di un figlio maschio, che poi divenne “uno dei
qualificatissimi soggetti per letteratura e pietà” nell’Ordine dei
Domenicani[19].
Predisse la sua morte mentre si trovava nel convento
di Seminara, e chiese gli ultimi sacramenti.
Tre giorni dopo entrò in “dolce agonia”, stringendo il crocifisso tra le
mani, e spirò santamente il sabato della domenica quarta di quaresima, il 14
marzo 1627. Volle essere sepolto nella sacrestia del convento, sotto l’icona
dell’Immacolata, chiedendolo al suo superiore p. Diego da Mileto, al quale,
prima di morire, consegnò tutti i suoi manoscritti[20]. Dopo la morte
si verificarono fatti prodigiosi, riferiti dal Celentano nelle sue Memorie[21]. A Seminara fu
sempre ritenuto beato e gli fu dedicata una strada.
padre Fiorenzo Mastrojanni, 2019
[1]
Em I, 715 scrive Leone, e a p. 717 de Leone.
[2]
Em I, 715.
[3]
M. Parente, Sintesi, 60.
[4]
Em I, 715.
[5]
Infatti il testamento risale al 20 marzo 1584; cf Ragioni per la città di Seminara nella causa che verte tra essa, ed il
Sacro Monte della pietà della Città medesima”, di Andrea de Sarno (1756),
p. 2.
[6]
Em I, 715s. Risale al 1756 lo stampato “Ragioni per la città di Seminara,
citato sopra.
[7]
Em I, 716.
[8]
Acta Ord., I,73; M. Parente, Sintesi, 69.
[9]
M. Parente, Sintesi, 79. “Da Napoli – scrive M. Parente – partirono il 19 magio
1597 p. Michele da Solofra (guardiano di S. Germano), p. Bonaventura da Aversa
(guardiano di Cava dei Tirreni), p. Benedetto da Seminara, p. Francesco da
Brindisi e p. Egidio da San Severino”, oltre i frati calabresi e pugliesi”; Ibid.
[10] Em I, 716.
[11] Ibid.,
I, 154.
[12] Acta Ordinis, I, 154 193 242.
[13]
Ibid., I, 285 per l’anno 1608; per il
1606, 1615 e 1621 cfr Em I, 718; Lex. Cap. 1463.
[14] Ibid., I, 716.
[15] Ibid., I, 717s.
[16]
Ibid., I, 717.
[17] AV, 51s. Bernardo da Bologna, Bibliotheca scriptorum, Venezia 1747,
40s. Cfr BN 117n. - Francesco da Vicenza, Gli scrittori cappuccini calabresi, Catanzaro
1914, 13-16. Lex. Cap. 194s. Scarfo Giovanni, Elogio del Padre Benedetto Leoni da Seminara. Napoli 1715. Teetaert,
Benoit de Seminara, in Diz. Hist. Géogr. Ecclés, VIII, Paris
1935, col 261.
[18] Em I, 718s.
[19] Ibid., I, 719.
[20] Ibid., I, 719.
[21] Ibid., I, 720s. Ringrazio
il prof. Antonio Caracciolo per le notizie su p. Benedetto.
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