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§ 14. Giuseppe Capoferro.
- L’eredi di Giuseppe Capoferro
oggi sono metà pupillare, il principale obbligato all’istrumento quando si
diedero le terre, era Cristofalo Capoferro[1], padre
del cennato Giuseppe, passò all’altra vita detto Cristofalo, e subentrò detto Giuseppe
suo figlio, e s’avea accasato con Antonia Campagna quale fecero più figli, morì
detto Giuseppe e pigliò l’Amministrazione Antonia sua moglie e si usufruttuava
la vigna perché aveva le figlie, morì ancora detta Antonia Campagna, e
restarono le figli in casa dell’ava, e molti anni pagò il retroscritto
Giuseppe, come pure pagò la moglie Antonia Campagna anzi l’anno passato pagò
detta Antonia detto cenzo in tempo di Cristofalo, e di Giuseppe, eppure puochi
anni detta Antonia pagavano carlini sedici grana sei, e cavalli nove; di due
anni in questa parte pagano l’eredi di Capoferro carlini undici grana sei e
cavalli nove, manca per saldo carlini cinque grana tre e cavalli tre, che
quando parleremo di Tommaso Genuese diremo la causa, e di questo modo si trovano
l’eredi di Capoferro dentro al fondo di S. Vito, e pagano ogni anno di cenzo
perpetuo enfiteutico carlini undici e piccoli novi, e grana sei.
[1]
Di Cristofalo Capoferro si parla nell’Onciario alla c. 108r. Nel 1742 aveva 61
anni ed era ancora vivente, ma era detto “massaro inabile”. Il figlio Giuseppe
ne aveva 9. Cristofalo possedeva fondi in San Vito e doveva annui carlini di
censo perpetuo a donna Petronilla Aquino. Poiché anche Giuseppe, che aveva un
fratello maggiore casato, è dato pure per morto e padre di numerosa prole, è da
presumere che Tiberio Aquino qui scriva in anni vicino al terremoto del 1783 o
perfino dopo. Nella Platea Cristofalo Capoferro verrà citato più avanti come il
principale obbligato per le terre di San Vito che furono della famiglia Aquino.
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