22.7.19

Platea Mezzatesta: § 0. Premessa.

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§ 0. Premessa. - La Platea che qui pubblico fu resa a me resa disponibile in un’estate degli anni Novanta del secolo scorso dalle mani del compianto don Saverio Mezzatesta, non mio coetaneo, dalle cui conversazioni molto apprendevo sulla storia di Seminara che poteva conservarsi a memoria d'uomo. Lo incontravo abitualmente la sera, sulla piazza del paese, ma anche qualche volta gli facevo visite nella casa in cui abitava, vicino ai ruderi del Palazzo Mezzatesta, che era luogo abituale e prediletto di giochin per noi bambini negli anni cinquanta, quando il Palazzo aveva ancora la sua parte superiore delle facciata... Tralascio l’amarcod delle conversazioni avute con don Saverio e mi fermo solo sul discorso filologico, a necessaria premessa della presente edizione online, per la quale - avverto - non ho qui al momento la fotocopia da cui ho redatto la trascrizione e quindi non mi sono possibili ulteriori riscontri sul testo originale. Ad integrazione delle nostre conversazioni sulla storia di Seminara, passata e recente, don Saverio mi consegnò perchè la studiassi comodamente a casa mia, in Seminara, la preziosa reliquia della sua Famiglia. Non ricordo se vi fu una mia richiesta, o fu una sua spontanea e generosa offerta. Fatto sta che pienamente compreso dell’onore e fiducia che mi veniva concesso,  volli tenere nella mia disponibilità la preziosa reliquia il minor tempo possibile. Ricordo però che non consideravo completo il lavoro di trascrizione e annotazione che avevo potuto allora fare, e che adesso vorrei integrare e superare, se gli Archivi di Stato non mi frapporrano burocratici ostacoli. Il manoscritto era ben tenuto e conservato, la grafia bella, chiara, leggibile, senza alterazione e degradi degli inchiostri. Ne potei così fare delle fotocopie su cui poi ho lavorato per la trascrizione. Ma non mi limitai alla trascrizione. Quando veniva citato un Notaio, che ancora era conservato nell'Archivio di Stato in Palmi o qualche documento che trovavasi in Catanzaro, andavo a trovarlo, ne facevo fotocopia, e la consegnavo a don Saverio, ad integrazione delle sue carte di famiglia. Ricordo che mi ero spinto fino all’Archivio Segreto Vaticano per carte che riguardavano una Mezzatesta, ma non potei fare altro che guardare il documento... Insomma, fu dato da me un valore aggiunto a ciò che con fiducia mi era stato dato. Se la memoria non mi inganna, diedi di quel mio testo una copia allo stesso don Saverio, ed altra copia ad una persona, amica, da me stimata, ora defunta, che avevo incontrato in Palmi, proprio all'uscita del negozio dove ero andato a fare la rilegato di un esemplare. Generoso come abitualmente sono, poco curante di mettere il copyright sul mio lavoro, gliene feci dono. Mi sembra ora opportuno, con il consenso già avuto da don Saverio e confermato dalla Famiglia, estendere quel dono a tutta la città di Seminara ed a quelli che amano Seminara, la cui storia è... quella segnata dai suoi terremoti. Ammiravo in don Saverio la visione critica, amara, triste della storia della nostra cittadina. Il campanilismo era estraneo tanto a lui quanto a me... Il testo che segue è quello da me allora trascritto e annotato, e adesso ripescato dal mio Computer. Le fotocopie dovrebbero trovarsi nella mia casa in Seminara, che fu pure visitata dai ladri, ma non credo che abbiano sottratto delle carte, fotocopie, niente altro che fotocopie, non ho originali e non sono mai andato alla loro caccia. Gli originali devono stare negli archivi deputati alla loro conservazione e frubilità pubblica. Quelli private alle loro famiglie. Ne farò riproduzione fotografica, ad integrazione del testo trascritto, la prossima estate, durante il mio prossimo soggiorno di vacanza in Seminara. Vorrei qui considerare questa pubblicazione online un omaggio alla memoria di don Saverio Mezzatesta, diretta discendente del Francesco Antonio Mezzatesta di cui abbiamo appena pubblicato le pagine del Catasto onciario che descrivono la sua situazione familiare e patrimoniale nell'anno 1746. Vi è scritto sopra, in apertura, “del ceto dei nobili”, ma con don Saverio non abbiamo mai parlato di “nobiltà”... Né lui ha mai mostrato di tenerne conto. La sua “nobiltà” a me appariva nella sua umanità e sofferta comprensione di una storia di cui era testimonianza vivente. Negli ultimi anni era sempre a letto ammalato e non poteva più incontrarlo nell'abituale sedile all'angolo della piazza. Mi tenevo informato della sua salute ma non ho mai voluto violare la sua privacy. La notizia della sua morte mi giunse parecchi mesi dopo, dalla figlia, alla quale chiedevo come stesse il padre... Era morto! Riposa nel cimitero del paese poco distante dalle tombe dei miei genitori e mi soffermo sulla sua toma ogni volta che vado a fare visita ai miei genitori, ai miei antenati che riposano tutti nello stesso cimitero.

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