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dalla "Vita di S. Filareto di Seminara" [m. 1076],
scritta da Nilo in lingua greca
e tradotti in italiano da Ugo Martino
(Ed. Falzea, 1993)
- La sua patria terrestre è stata la famosissima isola di Sicilia. Di essa si impadronirono i forsennati discendenti di Agar: dopo che saccheggiarono la regione ricca di ogni bellezza, vi si stabilirono, considerandola un altro paradiso.
- Questi fu concepito in quest’isola e consacrato a Dio ancor prima della nascita; poi, dopo essere stato iniziato col santo battesimo, fu allora affidato dai genitori a un sacerdote dei cristiani perché imparasse le lettere.
- Infatti i suoi genitori furono buoni e ricchi di ogni pietà, facevano del bene e si distinguevano sopra gli altri brillando per la loro ortodossia.
- Allora egli apprese un po' di ogni disciplina, quanto bastava per non rimanere del tutto privo della loro bellezza; e riuscì nello scopo in breve tempo: infatti l'ingegno naturale e la virtù concorrevano ad aiutarlo in modo mirabile.
- E si affidava tutto a Dio e ai genitori, obbedendo loro in tutto ed essendo loro sottomesso nel timore del Signore; e aveva anche cura dei servizi domestici, e non trascurava affatto la virtù.
- Mangiava una sola volta al giorno; infatti fin dall'inizio della fanciullezza, riteneva che questo, ancor prima delle altre belle doti, rappresentasse la culla della virtù, e provvedeva alla necessità del corpo solo con lo stretto necessario.
- Frequentava assiduamente i sacri templi, e quotidianamente meditava sulle cose divine, come per indicare a tutti la grazia che in seguito di ciò gli sarebbe venuta.
- Si preoccupava di ciò che i suoi occhi potessero vedere, così che il nostro discorso descrive qualcosa di nuovo; e poi era discreto nell'ascoltare, educato nell'odorato, capace di dominare la lingua e di tenere a freno il tatto, dignitoso nel portamento; insomma la semplicità dei suoi costumi era eccezionale.
- Egli era ormai passato dalla fanciullezza alla giovinezza, le sue guance cominciavano ad avere un po' di lanugine, aveva diciotto anni, quando reggeva il trono di Bisanzio Michele.
- [Dopo la sconfitta dei Saraceni ad opera di Michele, il giovane Filareto su comando di Dio passa dalla Sicilia in Calabria]: “Esci dal tuo paese e dal tuo parentado – come un tempo anticamente il patriarca Abramo, così anche il nostro Grande udì la voce di Dio – e, dopo aver attraversato questo mare profondo, va' nella terra che io ti indicherò e nella quale grandemente ti glorificherò. E non con l'assegnazione di terra e con la promessa di stirpe, che numerosa come le stelle del cielo Dio promise ad Abramo;... ma con la santità, la giustizia e con le manifestazioni di grandi miracoli”.
- E quello, insieme con i genitori, dopo aver attraversato il mare, passò da Reggio, che si trova sulla costa della Calabria, e quindi, sempre in compagnia dei suoi, giunse per volere divino alle cosidette Saline. Quelle Saline, che per me, seppure per qualche altro, sono stati ospiti di ogni bene.
- Queste, infatti mi hanno fatto conoscere questo Grande e, inoltre, sono state per me l'occasione e il punto di partenza per avere una mentalità più santa e una condotta di vita più perfetta.
- Qui, in un villaggio du nome Sinopoli – così lo chiamarono quelli che per primi lo abitarono –, stabilirono dapprima il loro domicilio. Questa zona è bella da ogni parte e ricca di ogni frutto. E il padre, che era un contadino ed aveva ascoltato dalla Sacra Scrittura la beatitudine che dice che è meglio donare che ricevere, massima alla quale già da tempo aveva ispirato la sua vita, ritenne di dover pensare al suo mantenimento con il proprio sudore e le proprie fatiche; ed a questo scopo ebbe nel figlio un valido collaboratore.
- E questi, che bisogna dire? Attraverso una saggia riflessione operava la revisione della sua vita, rifletteva sulle cose che gli erano accadute; la partenza dalla patria, voglio dire, la sua precedente condotta di vita, gli avvenimenti occorsigli durante il viaggio, durante la traversata, il suo soggiorno in terra straniera, il mutare delle cose, il fastidio della vita; ma, soprattutto, il desiderio del monastero che sempre, fin dalla fanciullezza, aveva avuto; e non tralasciava nessuna di tutte le altre cose che riusciva a richiamare alla memoria; e, ripiegatosi in se stesso, amava pensare alle cose future e a quelle trascorse.15. E così diceva tra sé e sé, a colloquio con la sua anima – era infiammato, infatti, dal desiderio di Dio e non riusciva affatto a sopportare –: “O Filippo - questo nome aveva quando ancora vestiva l’abito secolare - , che cosa aspettiamo? Perché indugiamo? Perché, poi, stiamo qui a dormire? Riconosci il comando di Dio; torna in te, svegliati, andiamo via di qui. Cristo ci attende, ogni giorno aspetta con ansia la nostra salvezza.