10.9.18

Seminara: Dizionario storico-toponomastico.


Dizionario
storico-toponomastico
di Seminara


Nell’elenco alfabetico di espressioni con più termini occorre cercare sotto l’elemento più significativo e meno generico. Si tenta di unificare la grafia nella forma che pare più corretta o più frequente, dando tra parentesi le differenti grafie di uno stesso toponimo riportato dai documenti. I toponimi si riferiscono generalmente al territorio storico di Seminara, ma comprendono anche le contrade comprese dalla Cassa Sacra nel territorio del distretto omonimo o che possono comunque leggersi nei documenti studiati. Quando possibile, si specifica il territorio comunale delle contrade fuori di Seminara. Questa Sezione è finalizzata prevalentemente alla toponomastica, rurale ed urbana. Dati sistematici sono ricavati dal catasto onciario, il cui anno di redazione, cioè il 1746, si dà ogni volta come noto.
Lettura conciario fino a: 7r.


A

Addellari: in questa contrada Michele Arena acquistò dalla Cassa Sacra un fondo a vigneto, uliveto e frutteto, di tomolate 11,50, del valor capitale di 775 ducati. Il fondo era appartenuto al Convento dei Basiliani. Dati riportati da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Afrara (Sant’Afrara, L’Afrara, Lafrara): in questa contrada il barone Cesare Franco acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, che unito ad altro situato in contrada Santa Venera aveva un valor capitale di 2200 ducati. Il fondo era appartenuto al Convento dei Paolotti. Nella stessa contrada [Lafrara] fu acquistato da Francesco Grillo un altro fondo del valor capitale di 4 ducati, appartenuto alla Chiesa di San Luca di Melicuccà. Dati riportati per il distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Alonzo: in questa contrada il massaro Giuseppe Bianchino acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, di tre tomolate e mezza, del valor capitale di 204,16 ducati. Il fondo era appartenuto alla Cappella di San Marco. Nella stessa contrada fu acquistato da Saverio Mezzatesta un altro uliveto del valor capitale di 100 ducati, appartenuto al Convento dei Domenicani. Dati riportati per il distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Amensa: contrada, probabilmente di Melicuccà. Tal Guglielmo Romeo vi acquistò dalla Cassa Sacra un vigneto del valor capitale di 75 ducati. Il fondo era appartenuto alla Convento di Sant’Elia di Melicuccà..
Amorosello (Ambrosello, Amoroso): in questa contrada il massaro Antonio Adornato acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto del valor capitale di 475 ducati. Il fondo era appartenuto alla Cappella di San Marco. Nella stessa contrada [ma Ambrosello, secondo Placanica] fu acquistato da Domenico Carrozza un altro uliveto del valor capitale di 302 ducati, appartenuto al Convento di Sant’Elia, di Melicuccà. Se trattasi ancora di una stessa contrada con grafia variata [Amoroso] risulta ivi un altro acquisto di uliveto, fatto da Giuseppe Gambacorto, per un valor capitale 1.101 ducati. Questo fondo apparteneva pure al Convento di Sant’Elia di Melicuccà. Tutti questi dati sono riportati in tabella da Placanica, «Origini», pp. 524-530 (Distretto di Seminara, comprensivo dei comuni di Drosi, Gioia, Melicuccà, Palmi, Rizziconi, Rosarno, Sanfile, Sant’Anna, Seminara).
Andrea (S.): toponimo indicato in un atto notarile del 1646. Un tale di nome Andrea ricorre nella vita di San Fantino narrata dal Fiore. Esiste forse una relazione tra il toponimo e il nome. || Andrea (Sant’): in questa contrada i fratelli baroni Michele e Vincenzo Marzano acquistarono dalla Cassa Sacra un uliveto del valor capitale di 346 ducati. Il fondo era appartenuto alla Chiesa di Santa Maria dei Miracoli. Nella stessa contrada i baroni Marzano acquistarono un altro uliveto del valor capitale di 159,25 ducati, di 1 tomolata, appartenuto alla Cappella di San Marco. Ancora gli stessi nella stessa contrada fecero un altro acquisto di uliveto, per un valor capitale 188 ducati. Questo fondo apparteneva alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Risulta ancora nella stessa contrada un fondo di uliveto del valor capitale di 125 ducati, acquistato da Bruno Zirilli e appartenuto alla Chiesa di Santa Maria dei Miracoli. Tutti questi dati sono riportati in tabella da Placanica, «Origini», pp. 524-530. || Dal catasto onciario (p. 1r), dell’anno 1746, apprendiamo che in questa contrada Antonio Masseo, conciatore, possedeva un fondo di olive di tre moggi.
Angeli: contrada di S. Maria degli – Si legge di una contrada con questo nome nel codice Marco 24a. Nel 1569 vi comperava un fondo arborato con vigna e gelsi per 80 ducati Giovanni Vincenzo Filippone. Detto fondo limitava con altro fondo di un Tuppo, con altro della ducal corte di Seminara e con l’orto del monastero di Santa Maria degli Angeli.
Angeli: orto del monastero di Santa Maria degli – Sappiamo che esisteva, già nel 1569, un orto annesso al monastero di S. Maria degli Angeli grazie al codice Marco 24a che lo indica come uno dei confini di un fondo arborato con vigna e gelsi comprato da Giovanni Vincenzo Filippone.
Annunziata (Nunziata, La): contrada. Dalla Istoria… della Reale Accademia (1784) si legge: «…Nella contrada dell’Annunziata la natura si prese diletto di offrire una scena opposta a quella, che spiegò ne’ piani inclinati: se ivi convertì in valle un luogo inclinante al montuoso, nella contrada dell’Annunziata ebbe il capriccio di elevare un monte, ove prima si profondava una valle. Colà vedesi emersa dal seno della terra una massa ingente di creta concacea, la quale ove si estolle in alto a guisa di monte, e ove signoreggia, e preme il suolo della valle con numerose zolle di creta, ridotta in isparsi frantumi». || Se Annunziata sta pure per «contrada la Nunziata» abbiamo nella Genealogia Aquino, pp. 32-34 la seguente descrizione topografica antecente il terremoto del 1783, che riporto per esteso, pur mancando esse di ortografia e di grammatica[1]: «Nella contrada la Nunziata si possiede un stabile di tomolati coranta circa alborato di tutte le sorte di di albore fruttiferi e vigna, e terre scapole con due case di dentro, una sopra, e l’altra di sotto, d’un fianco, che guarda al mezzogiorno della parte di sopra limita le beni del Rev.do Can.co D. Concesso Zangari, più sotto colle olive della Ven.le Chiesa di Santa Maria dei Miracoli, di sotto, che guarda al fiume coll’olivi della Ven.le Chiesa di S. Pietro, che andavano col stabile dette Olivari, di sotto, che guarda all’Oriente, limita col fiume corrente, della parte della Tramontana con una strada pubblica che di sopra di d.a strada lo stabile di D. Emmanuele Sanchez di questa Città, più sopra un piccolo fondo d’olive di N.r Domenico Repace di questa Città, sopra al piano, che guarda ancora alla Tramontana colle olivi del Ven.le Convento delle P.P. Paolini, di sopra, che guarda all’Occidente con una strada pubblica, che di sopra sono l’olivi del Regio e Pio Monte di questa Città, colle olivi del Ven.le Monistero di S. Mercurio, questo stabile tiene due corpi d’olivi, l’uno piccolo alquanto sfelesato col fiume che limitanno colle olivi della Ven.le Chiesa di S. Pietro come dissimo – l’altro corpo più grande, e d’altra parte che limita colle olive dei PP. Paolini, e con quelli di N.r Repace come dissi, colla via pubblica, che saglino d.e olive sin al piano, che tutte le due corpi, sono trenta salme circa diseperati quelli d’aumento; il detto stabile più poco assai del mità che presentemente, perché l’altra mità, ch’entri dal Cancello a parte destra fu compra e cambio che fece Grigori Silivestri e Petronilla Aquino coniugi che cambiarono con un giardino che possedevano le coniugi in questo territorio nella contrada Caranto, con Francesco Pistarchi; il piano che limita con Zangari, e colle coste delle pioppe, tutto questo appare dell’istrumento di cambio stipulato per l’atti di N.r Domenico Guardata di questa Città fatto a 11 aprile 1705 e ci rimase al detto Francesco nel suo fondetto Macherà, altre sette macine d’olive e mezza con due altre tomolate di terra e pantana e li comprò detto Gregorio Silivestro le dette macini setti e mezza colli due tomolati di terra; e li pantana, il canneto di Pistarchi, ci fece donazione al Silivestri, che puoi Petronilla Aquino alla morte del detto Silivestri detta compra si le giudicò indodario, e sopra il suo Dodario fundò il beneficio di S. Pietro, e delle olive che comprò detto suo marito del Pistarchi, colle due tomolate di terra che puoi furono piantate olivare, alla Morte, ed nel testamento della mentovata Aquino, ci li lasciò alla Chiesa di S. Pietro di questa Città, che limitanno d.e olivare di S. Pietro, della parte di sopra colle terre dello stabile della Nunziata del lato che guarda al mezzogiorno, cole olive della Ven.ble Chiesa di S. Matria de Miracoli di questa Città, di sotto col fiume corrente, e dell’altro lato, con quelle puoche olivi della Casa Aquino, quando l’ebbe d.e olive quelle puoche olivi della Casa Aquino, quando l’ebbe dette olive la d.a Chiesa, erano tutte bene, puoi più anni vi sortirono grandilluvione e detto Corpo d’olive patì assai, come ancora patì detto stabile della Nunziata, che al presente, è tutto sfelesato, e della parte del fiume s’ha perso più di 3 tomolate di terra, ed appena oggi vi sono di sette macini e mezza, esistente quattro macini, che il romanente per causa delle sfilese, tutte sono cascate, e le piccole…» [il testo continua fino a p. 34, misto a indicazione tanto varie quanto di ardua comprensione]. || Nunziata (La): contrada di cui si fa menzione nel libro del Monte di Pietà conservato (e non ancora inventariato) presso l’Archivio storico del Comune di Seminara. Il documento è del febbraio 1780 e viene dato limite confinante i PP. Domenicani. - Secondo la Genealogia Aquino (p. 35) la contrada Barona è detta anche Mazzina. || In questa contrada il canonico Francesco Antonio Aquino acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto del valor capitale di 575 ducati. Il fondo era appartenuto al Convento dei Paolotti. Nella stessa contrada Tiberio Aquino acquistò un uliveto, di 1 tomolata, del valor capitale di 75 ducati, appartenuto alla Cappella di San Marco. Ancora nella stessa contrada fece altro acquisto di uliveto Cristoforo Bianchino, per un valor capitale 20 ducati. Questo fondo apparteneva alla Cappella di Santa Maria del Soccorso. Risulta ancora nella stessa contrada [detta ora anche Cannola] un fondo di uliveto del valor capitale di 125 ducati, di tomolate 1,50, acquistato da Vincenzo Longo e appartenuto alla Chiesa di Santa Maria dei Miracoli. Nella stessa contrada ancora Vincenzo Longo acquistava un fondo di 1,50 tomolate, del valor capitale di 124 ducati, appartenuto alla Chiesa e all’Ospedale dello Spirito Santo. Lo stesso Vincenzo Longo vi acquistava ancora un uliveto di 1,25 tomolate del valor capitale 135 ducati appartenuto al Monastero dell’Annunziata. Vi acquistava ancora Pietro Lovecchio un fondo del valor capitale di 160 ducati appartenuto al Convento dei Domenicani. Pietro Montalto vi acquistava altro fondo del valor capitale di 2801 ducati, appartenuto al Convento dei Domenicani. Tutti questi dati sono riportati in tabella da Placanica, «Origini», pp. 524-530.
Annunziata: monastero. Se ne ha menzione in O6r in quanto possessore di beni in contrada Papocchia.
Antìfona (L’):  in questa contrada Francesco Sanchez acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto del valor capitale di 200,50 ducati. Il fondo era appartenuto alla Cappella di Santissimo Sacramento. Dati riportati da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Antonio (S.): contrada nominata da Tiberio Aquino.
Avati: in questa contrada il notaro Antonio Pizzarello acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, di tomolate 6, del valor capitale di 440 ducati. Il fondo era appartenuto alla Cappella di San Marco. Dati riportati da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.


B

Balsamo (lo): contrada di cui nel catasto onciario, 5v. Vi possedeva un fondo alborato Antonio d’Alessandro.
Baratta: Placanica riporta per la contrada Baratta (? = ricontrollare!) la vendita a Francesco Antonio Longo un fondo in parte a uliveto e in parte a castagneto del valor capitale di 370 ducati, di tomolate 2, appartenuto alla Cappella di San Marco.
Barbara: quartiere di S. – Quartiere nominato da Tiberio Aquino. Vi possedeva una casa Girolamo D’Aquino, padre di Tiberio. La vendette a Bono Lamarra e passò poi a Antonino Re alias Scaravagline.
Barona (detta anche Màzzina): contrada di cui si fa menzione nel libro del Monte di Pietà conservato (e non ancora inventariato) presso l’Archivio storico del Comune di Seminara. Il documento è del febbraio 1780 e viene dato limite confinante i PP. Domenicani. - Secondo la Genealogia Aquino (p. 35) la contrada Barona è detta anche Mazzina. || In questa contrada il reverendo Domenico Arena acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto del valor capitale di 100 ducati. Il fondo era appartenuto alla Chiesa di Santa Maria dei Poveri. Nella stessa contrada Marco Bianchini acquistò un altro uliveto del valor capitale di 275 ducati, appartenuto al Convento dei Domenicani. Ancora nella stessa contrada fece altro acquisto di uliveto Vincenzo Masseo, per un valor capitale 90 ducati. Questo fondo apparteneva alla Cappella di San Marco. Risulta ancora nella stessa contrada un fondo di uliveto del valor capitale di 1.000 ducati, acquistato dal barone Saverio Mezzatesta e appartenuto alla Convento dei Domenicani. Nella stessa contrada ancora Saveri Mezzatesta acquistava un fondo di 3 tomolate, del valor capitale di 482 ducati, appartenuto al Monte delle Cento Messe. Giuseppe Antonio Muscari vi acquistava invece un uliveto di 2 tomolate del valor capitale 300 ducati appartenuto al Monastero dell’Annunziata. Tutti questi dati sono riportati in tabella da Placanica, «Origini», pp. 524-530. || Dal catasto onciario (p. 2r) apprendiamo che Antonio Masseo possedeva un fondo sul quale pagava un censo bullale. Ancora in catasto onciario, p. 9r, per un fondo alborato posseduto in detta contrada Barona da Antonino Evangelista, giusta li beni di donna Petronilla d’Aquino.
Baronella: in questa contrada Manilio Falvetti acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di 275,10 ducati. Il fondo era appartenuto alla Cappella di San Marco. Nella stessa contrada fu acquistato dal massaro Filippo Cordova un altro fondo del valor capitale di 103 ducati, appartenuto al Convento dei Paolotti. Dati riportati per il distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Basiliani: Strada nominata nell’Anagrafe dell’anno 1809. Anche “quartiere” in documento coevo del 1811, presente nell’Archivio parrocchiale dell’Insigne Colleggiata. Anche Convento con annessa chiesa di San Filareto, come risulta per il 1783 dal Manoscritto del d’Aquino. || I PP. Basiliani sono indicati spesso nel catasto conciario come percettori di censi; v. 4v.
Basilio (San): contrada. Trovasi l’indicazione in atto del notaio Pietro Antonio Cristofero del 1634. Altra indicazione della contrada di S. Basilio si trova in un atto notarile del 1689, conservato nell’Archivio parrocchiale. Vi era la casa di Giuseppe Spinelli, dove il maestro d’ascia Antonio Martello eseguì lavori forse non pagati a sufficienza. Fu riparato il tetto (una giornata di lavoro) ed occorsero duecento settanta ceramida. – Pure nome di una delle 32 chiese elencate da Tiberio d’Aquino nel suo Manoscritto sul terremoto del 1783, sotto il titolo delle Anime del Purgatorio. – Altra indicazione trovasi in un documento dell’archivio parrocchiale del 1608. || Contrada: in questa contrada risulta per il 1761 (codice Barba, 111a) una per la quale don Tiberio Aquino doveva un censo di ducati 3:66:8 alla Collegiata, regolarmente scritto in Bilancio.
Bastiolo (Lo): in questa contrada Rosario Arena acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di 103,20 ducati. Il fondo era appartenuto al Convento dei Domenicani. Dati riportati per il distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Belluccia: in questa contrada il barone Antonio Franco acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di 750 ducati, di 4 tomolate. Il fondo era appartenuto al Convento dei Basiliani. Nella stessa contrada fu acquistato da Giuseppe Antonio Rossi un altro fondo del valor capitale di 260 ducati, e di tomolate 1,50, appartenuto pure al Convento dei Basiliani. Dati riportati per il distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Belvedere: contrada di cui in catasto onciario, p. 7r.  Detto anche quartiere in 5r. Vi abitano i D’Alessandro (5r) come pure i Grimaldi. Ma anche il dr. Tobia Satriano che abita in una casa sulla quale paga un censo redimibile ad Antonio d’Alessandro (O7r).
Biagio (Biaggio), San: Placanica riporta per questa contrada la vendita ai baroni fratelli Michele e Vincenzo Marzano un uliveto del valor capitale di 525 ducati, di tomolate 4, appartenuto alla Cappella di San Marco.
Bizola (li Bizzola): denominazione di una strada esistente nel 1783. Se ne fa menzione nel Manoscritto di Tiberio d’Aquino (v.): «vi è l’orto agrumi di D. Antonio Franco e dentro vi era una casetta di tavole». || Risultano alla Cassa Sacra, nell’anno 1786, «Atti relativi alla vendita di un fondo di ulivi nella Contrada Bizzola che prima apparteneva al sospeso Convento dell’Annunziata di Seminara sopra l’offerta fatta da D. Antonio Franco.» (V.C., b. 69, v. 3158). || Placanica riporta per la contrada Bissola la vendita al barone Antonio Franco un uliveto del valor capitale di 150 ducati, di tomolate 1,12, appartenuto al Monastero dell’Annunziata. Dati riportati per il distretto di Seminara in appendice al volume «Origini…», pp. 524-31. || Il toponimo lo si trova come in uso nell’anno 1696, quando secondo il libro dei Defunti (p. 284a) vi morì casualmente un tal Orazio Lirosi. || In questa contrada risulta per il 1761 (codice Barba, 110a) un fondo per il quale il reverendo don Pasquale Tudisco doveva un censo di 10 carlini alla Collegiata, regolarmente scritto in Bilancio. || Anche in catasto onciario, p. 6r. Vi possedeva un fondo alborato Antonio d’Alessandro, un altro fondo lo possedeva Antonio Grimaldi (p. 19r).
Bonello: Placanica riporta per questa contrada la vendita a Giuseppe Mangione un uliveto del valor capitale di 145 ducati, di tomolate 1, appartenuto alla Cappella di San Marco.
Bonello piccolo: Placanica riporta per questa contrada la vendita a Giorgio Jannelli un uliveto del valor capitale di 130 ducati, appartenuto alla Cappella di San Marco.
Burgo (Lo): se ne parla in ASNA: Ruffo di Scilla: B. 31: Fasc. 1: a. 1584, a proposito di un fondo di proprietà di Santoro Puglisi.

C

Cadararo: in questa contrada il barone Basilio Franco acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, di tomolate 10, del valor capitale di 1.376,10 ducati. Il fondo era appartenuto alla Chiesa ed all’Ospedale dello Spirito Santo. Dati riportati da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Caglioffo (Lo): in questa contrada Antonino Celi con altri acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di 50 ducati, di tomolate 0,25. Il fondo era appartenuto alla Chiesa di San Marco. Dati riportati per il distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Calamona: fondo nominato fra altri in documento dell’Archivio parrocchiale.
Candiloro: in questa contrada Domenico Genua acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto del valoro capitale di 110 ducati, appartenuto alla Cappella di San Marco.
Cannava: pertinenza di Seminara, che nel 1603 rende tomoli 22 di grano e di cui si ha notizia in ASN, Significatorie e petizione di relevii, II serie, vol. 37, cc. 172v.-173r. Titolari del feudo erano Giacomo Antonio Selvaggio, nonno e nipote omonimi.
Cannizza:  in questa contrada Girolamo Coscinà acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di 942,75 ducati, di tomolate 8. Il fondo era appartenuto alla Chiesa di Santa Maria dei Miracoli. Dati riportati per il distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Cannizzara: contrada. Dalla Istoria della Reale Accademia (1784) si legge: «È fama che in contrada Cannizzara, tra un podere di D. Tiberio d’Aquino, vi era un albero di arancio, su cui stava per avventura un giovane. Si vuole che parte di questo terreno con una pietra da mulino, sostenuta da un pilastro con varj sedili di fabbrica, che la circondavano, con alcuni vasi di fiori, e finalmente coll’albero d’arancio, e ’l giovane stesso, che su vi poggiava, fossero stati trasportati altrove, o per circa mezzo miglio, o per minore distanza secondo i detti degli altri. Noi li riferiamo come un fatto di udita; ma ne creda ciascuno ciò, che più gli aggrada».
Cannola di sopra: in questa contrada Cristoforo Bianchino acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di 875 ducati, di tomolate 5. Il fondo era appartenuto alla Chiesa di Santa Maria dei Miracoli. Dati riportati per il distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Campanile: si apprende dalla Platea dei Grillo di Melicuccà di “un magnifico campanile” edificato in Seminara e dovuto a Don Basilio Grillo, morto nel 1738.
Caracciolo: contrada esistente con questa denominazione già nel catasto onciario (v. p. 555r), cioè nel 1746. Si fa menzione di una casetta in campagna, di proprietà di don Francesco Mezzatesta e data in affitto a Giovanbattista Celi di Melicuccà che vi abitava con la famiglia.
Caranta: contrada nominata da Tiberio d’Aquino (p. 33). || Anche in catasto onciario, 5v. Vi possedeva un fondo Antonio d’Alessandro.
Carcarella: era la denominazione della contrada dove nell’Ottocento fu costruito l’attuale palazzo Mezzatesta, oggi in rovina. La località assunse poi il nome di salita dei Cappuccini. Questa notizia è tratta da fonte orale, cioè dallo stesso don Saverio Mezzatesta, sulla base dei suoi archivi di Famiglia. Questi fissano nell’Ottocento senza possibilità di dubbio l’epoca della costruzione dnel palazzo, da taluni studiosi datato per le caratteristeche costruttive addirittura al Cinquecento.
Carceri (delli): Strada nominata nell’Anagrafe dell’anno 1809. || Contrada di cui nel catasto onciario del 1746 a p. 6v. Si trovava una casa palaziata, isolata, con piccolo orticello di dietro per uso della medesima. Era affittata da don Antonio d’Alessandro alla magnifica Petronilla per annui ducati sei, ma a suo volta il d’Alessandro doveva al convento dei Paolini un peso di ducati sei che assorbiva tutta la rendita. Vicino alla casa c’era un trappeto d’olio sempre di proprietà di don Antonio d’Alessandro.
Carrà: fondo che nel 1790 apparteneva ai PP. Basiliani. Ne fa menzione il libro di carico redatto per la Cassa Sacra da Gaetano Soriano (v. 39°, p. 375), che ne dà i confini, uno dei quali confinante con il fiume, gli altri tre con proprietà degli stessi Basiliani. Si trovano riferimenti alle trasformazioni topografiche conseguenti al terremoto.
Castagnara della guardia (Castagnara): se è corretta la lettura di «sopra uno loco in contrada la castagnara de la guardia limito la via publica…» nel Codice Marco 2B, questo toponimo esiste fin dal 1608. | In contrada “castagnara” il barone Cesare Franco acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, del valor capitale di 175 ducati. Il fondo era appartenuto alla cappella del Santissimo Sacramento di Palmi. Dati riportati da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Castagnare della Vina (le): altro nome nel 1761 per indicare la contrada di S. Margherita (v.).
Castellace: Per l’anno 1643 questa località risulta dai Regi Assensi feudo di Palmi: i suoi primi frutti venivano venduti da Francesca Profida al chierico Francesco de Piazza.
Castello: Dal “Regesto delle pergamene di Castelcapuano”: «851. – 1652, marzo 9, indiz. V, Seminara. Vendita alle monache del monastero di S. Mercurio di Seminara dell’ordine di S. Chiara, da parte di Desiderio Trifano e suor Magnifica La Porta, di un fondo ed una casa in detta terra rispettivamente in contrada Melizzano e in contrada Castello per duc. 50».
Ceramida: parte di territorio separatosi da Seminara nel 1834. Vedi ASRC, Inv. 5, B. 192, f. 7928.
Ceramidio:  in questa contrada Michele Arena acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di 700 ducati. Il fondo era appartenuto al Monastero dell’Annunziata. Nella stessa contrada fu acquistato dal massaro Michele Collura un fondo del valor capitale di 50 ducati, appartenuto alla Chiesa ed all’Ospedale di San Marco. Un altro fondo lo acquistò Giuseppe Longo, per un valor capitale di 30,10 ducati, appartenuto alla Cappella di San Marco. Dati riportati per il distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31. || Nel catasto onciario, p. 11v, si trova il toponimo ‘La Ceramida’, contrada nella Antonino Avellino possedeva un fondo.
Cinnerata (La): contrada di Seminara la cui indicazione si trova nella Platea Cevoli di Melicuccà del 1720.
Coladumbra: contrada nominata da Tiberio Aquino. || In contrada con questo nome il barone Antonio Fransco acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, del valor capitale di 100 ducati, di tomolate 0,75. Il fondo era appartenuto al Convento dei Paolotti. Dati riportati per il distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Conciare (Le): in questa contrada il barone Cesare Franco acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, del valor capitale di 300 ducati e di tomolate 2,50. Il fondo era appartenuto alla Chiesa di Santa Maria dei Poveri. Dati riportati da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Consolazione: contrada di Santa Maria della – Se ne ha notizia dal codice Marco (27a-b) come esistente nel 1543. Vi era una casa sottomessa a censo in favore della madre chiesa.
Contura: località più volte nominata da Tiberio d’Aquino nel manoscritto descrittivo del terremoto in Seminara nell’anno 1783. || In contrada con questo nome Domenico Di Capria acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, del valor capitale di 100 ducati. Il fondo era appartenuto alla cappella del Purgatorio di Melicuccà. Dati riportati per il distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Conzuri (li): se questo toponimo non è una variante del più recente Conturia, allora si tratta di un toponimo ben più antico e documentato nel 1425 dai Registri angioini di Luigi III (n. 391). Vi possedeva un mulino Giovanni Grimaldi, detto Frerio.
Corona (La): il toponimo è già esistente nel 1466 nell’«Jnventario de li jntrati de la terra de Seminara» ordinato da Ferrante I°.: «Et cum la dicta baglia si nce intende uno pheudo chi si dice La Corona, che si sole vendere circha o vero dudichi thumina de grano et tucta è venduta onze tredichi ut supra, sive Oz. XIIj.».
Cosimo e Damiano: contrada di S.– Se ne ha notizia dal codice Marco (27a-b) come esistente nel 1543. Vi era una casa sottomessa a censo in favore della madre chiesa. Detta contrada si trovava dentro la città, cioè dentro le sue mura.
Cosoleto: è indicato come casale di Seminara da tempo immemorabile in una fonte angioiana del 1420; cfr. Carte Blasco, n° 99, p. 7. Pertanto tutti i riferimenti a Cosoleto anteriori al 1420 verranno senz’altro incorporati nel materiale documentario relativo a Seminara.
Costa (La): in questa contrada il renerendo Domenico Arena acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di 140 ducati. Il fondo era appartenuto al Monastero dell’Annunziata. Dati riportati per il distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Costa Macrì: in questa contrada il barone Francesco Saverio Franco acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto di 11 tomolate, del valor capitale di 1.080 ducati, appartenuto al Convento dei Paolotti.
Coste Nasca: in questa contrada il barone Cesare Franco acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, del valor capitale di 600 ducati. Il fondo era appartenuto al Monastero dell’Annunziata. Dati riportati da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Cotellé: nome di una cantonera che risulta dal Manoscritto di Tiberio d’Aquino sul terremoto del 1783. Vi si narra che che da questo, trovando 22 cadaveri, venne sterrata la strada per andare alla Porta del Portuso.
Croce Murata (della): Strada nominata nell’Anagrafe dell’anno 1809.
Crupi: in questa contrada Rosario Arena acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di 300 ducati, di tomolate 3,50. Il fondo era appartenuto alla Cappella di San Marco. Nella stessa contrada fu acquistato dai baroni fratelli Michele e Vincenzo Marzano un fondo del valor capitale di 126 ducati, appartenuto al Convento dei Basiliani. Un altro fondo lo acquistarono gli stessi baroni, per un valor capitale di 680 ducati, appartenuto al Convento dei Padri Osservanti. Dati riportati per il distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Cugliamona:  in questa contrada il notaio Antonio Calogero acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di 100 ducati, di tomolate 0,75. Il fondo era appartenuto alla Chiesa ed all’Ospedale dello Spirito Santo. Dati riportati per il distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Cuppari: contrada della quale si ha notizia dal catasto onciario (p. 19v). Vi possedeva un territorio parte boscoso parte aratorio don Antonio Grimaldi. Su di esso pagava un censo all’abbazia di S. Fantino.
Cuzzopodi: in questa contrada il barone Francesco Saverio Franco acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto del valor capitale di 480 ducati, che era appartenuto alla cappella del Santissimo Sacramento di Palmi, ovvero di Seminara, secondo dati contradditori riportati in tabella da Placanica. Nella stessa contrada acquistò pure altro uliveto di 11 tomolate e del valoro capitale di 1.050 ducati, appartenuto invece al convento dei Paolotti. Da Placanica. || Da una ricevuta, conservata nell’Archivio storico parrocchiale, si apprende che il 10 settembre 1698 don Vincenzo Geraci, procuratore della venerabile chiesa di San Leonardo, riscuoteva dal Canonico Procuratore della Colleggiata don Giuseppe de Alessandro un carlino di censo che la colleggiata pagava sopra un capo di olive in contrada Cuzzopodi. Il censo era già stato di Nunzio Benedetto. || Il catasto onciario fa menzione di un fondo di proprietà di don Antonio Grimaldi situato in contrada Cuzzopodi (p. 19r).

D

Duca di Marmo: piazza. – Era il nome di una piazza nella Seminara precedente il terremoto del 1783.
Due Vie (le): contrada nominata nel Libro di Carico (v. 39°, p. 373), del 1790, redatto da Gaetano Soriano per la Cassa Sacra. Vi possedeva terre aratorie il monastero dei PP. Basiliani.


E

F

Feudo (Lo): di questo toponimo si ha traccia già nel 1584 in un atto del notaio Nicola Antonio Oliva di Melicuccà. Si tratta di un atto negoziale che vede protagonisti il reverendo Giovanni Andrea de Franco ed il principe Fabrizio Ruffo di Sinopoli. L’atto si trova in ASNA: Ruffo di Scilla: Busta 31: Fasc. 1, dove si trovano carte sciolte non numerate.
Figurella: contrada il cui toponimo esiste già in atti del 1660.
Filareto (S.): monastero basiliano. Ne riferisce Tiberio d’Aquino nel Manoscritto sul terremoto ed era ancora in attività nel 1783. – Evidentemente, dal monastero traeva nome la relativa contrada, dove si trovavano beni dei d’Aquino. Riporto testualmente da p. 39: «Possedeva la casa Aquino, e per essa la fu detta Petronilla un bellissimo stabile, nel territtorio di questa Città nella contrada detta S. Filoreto, l’Aquini lo chiamavano il stabile dell’Abbate; questo era di tomolate dodici circa, alborato di Gelzi neri, e altri albori fruttiferi, con quattro salme di ulive di dentro, si pagava sopra detto stabile carlini venti otto di cenzo perpetuo al Monistero di S. Filoreto di questa Città, sopra a detto corpo di stabile vi erano le Messe ch’oggi son fondati in beneficio nella detta Chiesa di S. Pietro di questa predetta Città; poi la cennata D. Petronilla fece detto Beneficio sopra l’avanzi della roba d’Aquino, che ha fatto suo marito Silivestri, e d’essa giudicati indodario, e venne a liberare detto stabile di detto peso di messe conforme dissimo quando parlammo del Beneficio, questo poi nella morte della referita Donna Petronilla, detto stabile lo lasciò al suo servo e serva Littario Caruso, ed Antonia Calabrò coniugi, per amore e benevolenza, come si vede nel suo ultimo testamento al quale per detto di Caruso appena si gosè il stabile, o uno, o due anni, e poi si l’esitò l’anno 1747 a D. Emmanuele Sanchez, ed oggi il medesimo lo possiede con aumentarlo di vigna ed empiendolo tutto d’olive». | In località S. Filareto si trovavano intorno al 1820 vasti terreni demaniali, come risulta da carte conservate nell’ASRC. || Di una contrada S. Filareto si trova menzione nel catasto onciario. Vi possedeva un fondo Antonino Dominici (p. 16v). || Si ricava daf fondo R. giunto all ASP che il convento di S. Filareto fu totalmente distrutto dal terremoto del 1693. L’ubicazione dovrebbe essere in un proprietà oggi di Fortunato Rinaldo.
Fiumara: di Santa Anna. Trovasi questa indicazione in atto del notaio Pietro Antonio Cristofero del 1632. La fiumara è tuttora esistente ed un suo tentativo di deviazione ad opera di privati ha provocato in questo secolo due morti: racconto di testimoni (mia madre).
Fiumicello (il): in questa contrada risulta per il 1761 (codice Barba, 110a) un fondo per il quale il canonico don Giuseppe Clemente doveva un censo di 15 carlini alla Collegiata, regolarmente scritto in Bilancio.
Fontana delle Carcere: nominata da Tiberio d’Aquino: «…e andammo avanti la fontana delle Carcere che colà v’erano mille gente…». Con riferimento alla toponomastica del 1783, al momento del terremoto.
Fontanelle: così detto un fondo intercluso in S. Anna, il cui nome trovasi in un atto giudiziario del 1929, conservato nell’Archivio parrocchiale, con ivi esposti le parti e i motivi della lite.
Forese (lo): contrada di cui nel catasto onciario, p. 5v. Vi possedeva un fondo Antonio d’Alessandro.
Francesco d’Assisi (san): è indicato come toponimo di un borgo in O3v, dove abita in casa propria Antonino Giofrè.
Francesco di Paola (san) : convento. Ne è menzionata l’esistenza in O5v. Possedeva dei beni in contrada Santa Maria, giusta i confini con i beni di Antonio d’Alessandro.
Funnara: Strada che iniziava dalla porta principale, detta del Borgo, e portava fino al Petrace. Tiberio Aquino (Genealogia, p. 105) dà le seguenti notizie: «La strada della Funnara che principia dalla porta del Borgo sin al fiume di Petrace, vi era una impetrata che terminava sino a detta porta di questa città ed era tutta rotta e fracassata, che l’inverno appena si poteva camminare, era tanto pessima la strada che la posta non si fidava più di passare, detta strada era antica, e s’ha per certo chee l’insilicata fu fatta quando passò Carlo V da Seminara, ci fu ordine della Regia Camera che si facesse di nuovo detta strada, ed in tempo del Governo di D. Agazio Mezzatesta ed Antonio Melara Sindaci, la fecero a spese universale colle M.e di Bagnara e di Scilla e si prinncipiò delle 14 aprile 1766, e si terminò a 3 agosto 1776 fatigando per ogni giorno otto mastri e 20 manuali e 50 figliole per fare lo sterro, la spesa fu D. 1379,41,6 come i vede del conto di d.i Sindaci».


G

Giorgio: contrada di San – Nome di una delle 32 chiese (v.) elencate da Tiberio d’Aquino ma anche di una contrada: in questa contrada risulta per il 1761 (codice Barba, 110b) una casa per la quale si doveva un censo di ducati alla Collegiata, regolarmente scritto in Bilancio.
Giovanni: contrada di San – In questa contrada risulta per il 1761 (codice Barba, 111b) un fondo per il quale si doveva un censo di 1 ducato alla Collegiata, regolarmente scritto in Bilancio.
Gisterna: quartiere – Della sua esistenza parla Tiberio Aquino (Platea, p. 28) che dice: “Mastro Domenico Bellecca pagava ogni anno carlini sedici bullale, sopra due casaleni nel quartiero detto la Gisterna, limito dove aveamo il trappeto”.


H


I J K


L



Limaddi: vedi Maddi.
Lucia (S.): località (contrada) più volte nominata in un documento parrocchiale del 1608. Vi si trovavano fondi di gelsi. || Il castato onciario (p. 25r) indica anche un secondo nome per la stessa località: S. Lucia seu la Paterna.


M

Macherà: contrada nominata da Tiberio d’Aquino (p. 33).
Maddi (li): contrada nominata da Tiberio Aquino. Se ne ha menzione in O6r con la grafia limaddi ed è anche specificato come altra denominazione il serro (seu il serro).
Malamorte: contrada rurale di cui si apprende dal catasto onciario (p. 2v). Vi possedeva un territorio arborato e vitato di due moggi e mezzo Antonino Maci, di professione bracciale. A 281rbis è indicato come secondo nome di Torre Spinella. Dato interessante perché in località Torre Spinelli vi fu nel 1671 una contesa fra Palmesi e Seminaresi, dove morì un seminarese. Forse il termine “mala morte” si riferisce a questo evento. Naturalmente, occorrono altri elementi per convalidare questa che al momento è una congettura.
Margerita (S.): (detta anche “le Castagnare della Vina”) in questa contrada risulta per il 1761 (codice Barba, 110b) un fondo per il quale si doveva un censo di 1 ducati alla Collegiata, regolarmente scritto in Bilancio. || Dal catasto onciario (p. 5r) apprendiamo che in detta “contrada” possedeva un fondo alborato e vitato il nobile don Antonio d’Alessandro, confinante con altro del magnifico don Antonio Grimaldi.
Maria (S.): Borgo di S. Maria seu li Pignatari, in Onciario 1r. Vi abitava in casa propria Antonio Masseo coll’annua rendita di oncie 40 dovute alla Collegiata di prima fondazione. || Strada nominata nell’Anagrafe dell’anno 1809.
Maria degli Angeli (S.): altro nome della contrada di S. Antonio, nominata da Tiberio Aquino.
Maria dell’Arco (Santa): nome di una delle 32 chiese elencate da Tiberio d’Aquino nel suo Manoscritto sul terremoto del 1783.
Maria della Grazia: chiesa. La si trova menzionata in O6r,
Maria dell’Indirizzo (S.): capella sita dentro la chiesa madre. Percepisce un legato da parte di Antonio d’Alessandro: 7r.
Maria La Porta (S.): Strada nominata nell’Anagrafe dell’anno 1809. || Arco di Santa Maria La Porta Sotto l’Arco di S. Maria La Porta, dice Tiberio d’Aquino, si ritrovarono 17 cadaveri, periti in conseguenza del terremoto del 1783. || Si dice borgo S. Maria La Porta in O4v. Vi abitava in casa propria Antonino Clementi. Sulla sua casa non gravavano censi o rendite di nessun tipo.
Maricoli: quartiere – Quartiere della Seminara settecentesca, di cui parla Tiberio Aquino. Vi era una casa da cui D. Petronilla Aquino esigeva 35 carlini.
Mauriconi: contrada di cui si legge nel catasto onciario, p. 10v. Vi abitava in casa propria il bracciale Antonino Ré.
Màzzina: contrada detta anche Barona (v.): «Mazzina seu Barona» (Aquino). Tiberio d’Aquino riporta testualmente dal “libro vecchio” quanto segue: «oggi a 21 Novembre 1598 fu stato stimato l’oliveto nella contrada detta Mazzina seu Barona dal Rev.do D. Giacinto Sivio pubblico apprezzatore per salmi quarantuna» (p. 35). || In questa contrada risulta per il 1761 (codice Barba, 110b) un fondo per il quale Francesco e Giuseppe Evangelista dovevano una porzione di censo per 25 grana alla Collegiata, regolarmente scritto in Bilancio. || Anche in catasto onciario, p. 5v.
Melizzano: Dal “Regesto delle pergamene di Castelcapuano”: «851. – 1652, marzo 9, indiz. V, Seminara. Vendita alle monache del monastero di S. Mercurio di Seminara dell’ordine di S. Chiara, da parte di Desiderio Trifano e suor Magnifica La Porta, di un fondo ed una casa in detta terra rispettivamente in contrada Melizzano e in contrada Castello per duc. 50».
Mercato: è indicato nel Manoscritto di Tiberio d’Aquino sul terremoto del 1783 come il luogo intorno a cui («proprio nel mezzo») si andava edificando la nuova pianta del paese. Corrisponde, con ogni verosimiglianza, all’attuale Piazza Vittorio Emanuele III.
Mercato (del): Strada nominata nell’Anagrafe dell’anno 1809. Anche “quartiere” in atto coevo del 1811, presente nell’Archivio parrocchiale dell’Insigne Colleggiata.
Mercurio (san): monastero. Lo si trova così menzionato in O6r.
Michele (S.): Strada nominata nell’Anagrafe dell’anno 1809. Anche “quartiere” in atto coevo del 1811, presente nell’Archivio parrocchiale dell’Insigne Colleggiata.
Montoro: salvo errore di trascrizione di Isabella Orefici, questo toponimo esiste in Seminara nel 1425. Luigi III d’Angiò confermava il possesso di un feudo sito in detto territorio a Antonio de Sonnino (reg. n. 400).
Mortaro: Strada così detta nell’Anagrafe dello stato civile dell’anno 1809.


N


Nicola (S.): contrada di cui nel catasto onciario, p. 6v. Antonio d’Alessandro Vi possedeva una rendita di 3 ducati e mezzo sopra una casa casa abitata da Giuseppe di Domenico.
Nicola: quartiere di San – Era in nome di una delle chiese, ma anche il nome di un quartiere della Seminara precedente il terremoto. Saverio Gioffrè, che si richiama ad «antichi manoscritti», che ha «avuto occasione di compulsare», ma oggi non sono più rintracciabili, dice che nel quartiere si trovava la chiesa omonima ed inoltre il «palazzo della nobile famiglia Mezzatesta».


O


Opulo: contrada di S. – Contrada nominata nel codice Marco a p. 14a, cioè relativamente all’anno 1609. Un tal Fabio Vitetta pagava un censo alla venerabile chiesa madre sopra un fondo arborato ivi situato. || Il toponimo è documentabile fin dal 1425 nei Registri angioini di Luigi III (vedi).
Ospedale: è menzionato come possessore di beni in O6r in contrada Papocchia.


P

Palazzi: 1) quello di Franco, nella Seminara del 1783, si trovava secondo la descrizione del d’Aquino, di fronte al campanile del convento di San Francesco d’Assisi, appena entrati dalla porta del Borgo. 2) quello dei Mezzatesta doveva trovarsi nel quartiere detto di S. Nicola. Da questo palazzo nella Seminara di prima del terremoto, sono stati recuperati elementi costruttivi utilizzato nel palazzo Mezzatesta costruito durante l’Ottocento.
Palmi: è indicato dal Fiore come un villaggio di Seminara nel secolo in cui scrive. Era stato appena smembrato e venduto agli Arena. Nell’opera di Alberti, del 1578 (v.), un secolo prima, è indicata come “contrada”. Parrebbe che si sia sviluppata da semplice contrada a villaggio, se i due termini hanno un valore semantico distinto. Nel 1609, nel codice Marco (p. 15a), trovasi “in questa terra di Palme”, dove tal Annibale Riccio possedeva una casa per la quale pagava u censo alla venerabile chiesa parrocchiale della città di Seminara. Ancora prima, nel 1385, la terra di Palmi era donata in feudo da re Carlo a Jacopo Caracciolo, detto il Viola (v. carte Blasco). || Notizie di un Caracciolo detto pure Viola si trovano in S. Ammirato (Nob. Nap., 111) che però è indicato come Enrico, anziché Jacopo, ed appartenente al ramo dei Caracciolo Rossi. La datazione del personaggio corrisponde con quella delle carte Blasco. In Ammirato non si parla però del feudo di Palmi, di importanza evidentemente inferiore rispetto al feudo di Gerace che ebbe con il titolo di Conte. Di Enrico si dice che fu assai bello nell’aspetto ed assai caro alla regina Giovanna. Enrico Viola oltre al titolo di Conte di Gerace fu gran Camerlengo e maestro di casa. Finì male, spogliato dei beni e degli averi. Conclude Ammirato: «Quando egli si fosse morto & chi fosse stata sua moglie a me è nascosto, se non che di lui rimase un figliuolo detto Antonio» (p. 111).
Paolotti: altura – Nella Istoria… della Reale Accademia (1784) è indicata una «altura de terreni appartenenti a’ Padri Paolotti. Su tale sito scoprivasi un orrendo e mostruoso rivolgimento di terra. Il piano inclinato, che terminava le pendici di questo podere, era nabbificato, e in una profonda valle degenerato; e ciò, che rendea più compiuto lo spettacolo, era il vedere che una possessione, la quale era sul largo di questo piano inclinato, rimase di sbalzo gettata, per la distanza di 6 o 700 passi, su d’un altro terreno, che giace al di là della valle, ove or veggonsi le viti, le fabbriche, e gli alberi, giacenti e tratti di lancio fuori della propria sede».
Papao: contrada nominata da Tiberio Aquino.
Papocchia: contrada di cui in O6r, Vi possedeva dei beni Antonio d’Alessandro.
Passo (il): contrada il cui nome risulta da un’ipoteca del 1773. In questa contrada tal Francesco Collura ipotecava per quaranta ducati una sua vigna di cui vengono indicati i limiti a pagina 445 di un volume dei debitori del Monte di Pietà non inventariato dell’Archivio storico del Comune di Seminara.
Paterna (la): in questa contrada risulta per il 1761 (codice Barba, 110a) un fondo per il quale il canonico don Giuseppe Clemente doveva un censo di 15 carlini alla Collegiata, regolarmente scritto in Bilancio. || Lo stesso toponimo lo si trova ancora risalendo all’anno 1569, nel codice Marco 24a, dove si parla di “una lenza di terri” che Giovanbattista Spoliti comprò in contrada la Paterna da Alessandro Spinello. || Nel catasto onciario (p. 25r) si dice “S. Lucia seu la Paterna”, per cui le due località dovrebbero coincidere.
Pesolo: villaggio di Seminara menzionato dal Fiore come già rovinato nel secolo in cui scrive.
Petrolina: venne detta così la contrada di S. Vito, perché vi si trovava una terra data a censo perpetuo da Donna Petronilla D’Aquino e sulla quale fu fatta una vigna. Narra ciò Tiberio Aquino. || Il nome della contrada Petrolina si trova però anche nel catasto onciario, p. 5v. Vi possedeva un fondo Antonio d’Alessandro.
Petrolo: contrada nominata da Tiberio Aquino. Diverso è dunque il toponimo da quello di Petrolina. La denominazione Petrolo si è conservata fino ad oggi, ma della contrada Petrolina non si è tramandata memoria.
Petto di Furia: Per l’anno 1647 dai documenti del Consiglio Collaterale indicati dalla Mazzoleni: “vendita del feudo detto di Petto di Furia sito in Seminara fatto da Giulia Mezzatesta di Seminara a Michele Cavallo.
Piazze: Dal catasto onciario, redatto nell’anno 1746, si ricavano i seguenti nomi di piazze, insieme con informazioni relative ai residenti:
1°) Piazza di S. Maria La Porta. Vi abita in casa propria Antonino Vaccaro di professione Bottegaro (p. 61r).
2°) Piazza di S. Basilio. Vi abitava il notaio Antonio Vicari: “Abita a casa propria nella piazza di S. Basilio con poco giardinello di dietro che rende di censo perpetuo al monistero delli Basiliani annui ducati tre, ed annui grana sette e mezzo al convento delli Domenicani e più annui grana sette e mezzo alla mensa vescovile ed annui carlini tre per legato di tre messe l'anno per l'anima del quondam don Antonio Calogero suo zio” : vedi p. 84r. Nella stessa piazza si affacciava pure una casa del Dott. Fisico Francesco Zangari (p. 177v). Per questa casa che si trova confinante con la casa di don Antonio Costarella il dottor Zangari esigeva annui carlini 37 e mezzo da Mastro Antonio Scidà. Si apprende ancora dalla pag. 239r che Giandomenico Zetera, bottegaro, abitante con la sua famiglia in contrada S. Maria La Porta, “possiede altra casa nella piazza di S. Basilio per uso della bottega”. Sopra detta casa lo Zetera pagava annui ducati 6,75 a don Giorgio Rossi ed altri ducati 0,10 di censo minuto ai PP. Domenicani. Per avere una idea della dimensione della bottega può riflettersi – comparativamente con altre situazioni analoghe – che il capitale impiegato in detta bottega era di ducati 140 (centoquaranta) ed il guadagno stabilito nella misura del 15 per cento, cioè ducati 21. || Importante e decisiva è la pagina 503r del catasto onciario dove si dice che la chiesa dello Spirito Santo con il suo Ospedale “possiede sei botteghe sotto l’Ospedalenella piazza di San Basilio che affitta per annui docati ventidue e mezzo che dedotti carlini venti d’acconci restano ducati 20:50 sono oncie 68:10”. La piazza di San Basilio si trovava dunque adiacente l’Ospedale, che pare sia oggi individuato, se corrisponde l’indicazione corrente. Nei pressi dovrebbe trovarsi il disegno di una piazza. || Si apprende ancora da p. 282v che il nobile Giovambattista Monizio "possiede altra casa solarata con bottega nella piazza di S. Basilio che affitta per annui ducati sei, dedotto il 4°, ed annui carlini trenta di censo alla chiesa di S. Basilio, restano carlini quindici". || Sempre dal catasto onciario (p. 48v) apprendiamo che Antonino Polimeni, chianchero, ossia macellaio, abitava in casa d'affitto di don Domenico di Franco sita nelle stessa piazza San Basilio, che a questo punto appare ormai la piazza principale della Seminara precedente il terremoto del 1783. ||
Pietra della farina (la): contrada menzionata nel catasto onciario (p. 19r). Vi possedeva un fondo don Antonio Grimaldi.
Pietre Nere: con riferimento alla torre la località è indicata, all’incirca nel 1638, come facente parte del territorio di Seminara nelle relazioni sulla difesa costiera del Vicario Generale Giovan Tomaso Blanch: «La Torre de las Piedras negras territorio de Seminara no ha padeçido nada». Si fa però menzione subito prima della “Torre de Palmi” e subito dopo della “Torre de Joja”.
Pignatari (li): in questa contrada risulta per il 1761 (codice Barba, 110b) una casa per la quale Francesco e Giuseppe Evangelista dovevano una porzione di censo per 25 grana alla Collegiata, regolarmente scritto in Bilancio. Ed ancora risultano nello stesso anno (111b) altri censi per altre case, ragion per cui si può pensare ad un abitato in detta contrada. || Pure con il nome di contrada si trovano ‘li pignatari’ in catasto onciario, p. 9r. Vi abitava nel 1746 Antonino Evangelista, capofamiglia, padre di Francesco (di anni 17) e Giuseppe (di anni 18). I dati del catasto onciario, e cioè il pagamento di un censo di grana 25 alla collegiata, corrispondono perfettamente con quelli sopra riportati e presi dal libro di bilancio della Collegiata. Il catasto onciario parla anche di una casa contigua, dove abitava la stessa famiglia.
Pirajno: “luogo” di cui si apprende dal catasto onciario (p. 2v). Vi possedeva un territorio Antonino Maci.
Pizzinni: in questa contrada risulta per il 1761 (codice Barba, 110b) un fondo per il quale Mastro Bruno Tedesco doveva un censo di 2 ducati alla Collegiata, regolarmente scritto in Bilancio. || Anche in catasto onciario, p. 6r. Vi possedeva un fondo alborato Antonio d’Alessandro.
Ponte: un ponte per antonomasia è nominato da Tiberio d’Aquino nel suo Manoscritto sul terremoto e di esso si dice che ne fu ingegnere Don Vincenzo Sciaramuga, detto appunto il “Gegnere del Ponte”.
Porta del Borgo: era la porta principale della città. Nella descrizione del d’Aquino si dice che «si vedevano due torre» nel cui mezzo era la porta. Dal rilievo più antico, celebrativo dell’ingresso trionfale di Carlo V, conservato nell’attuale edificio del Comune, paiono riconoscibili le stesse due torri. Per cui l’impianto architettonico della Porta del Borgo descritto dal d’Aquino deve farsi risalire ad almeno due secoli prima. Entrando, si trovava a destra il convento di San Francesco con un bellissimo campanile. Di fronte (sc. al campanile) si trovava il palazzo di Franco. La strada proseguiva fino a San Mercurio che a sua volta si trovava dinnanzi all’Ospedale. Qui forse, se si legge bene dal d’Aquino, si trovava una biforcazione: una strada detta di sotto andava fino a Santa Maria la porta; l’altra detta di mezzo principiava dal Soccorso e terminava alla chiesa dei Miracoli al Borgo.
Portello (lo): contrada interna alla città, dove nel 1583 veniva comprata una casa limitante con altra casa e la via pubblica. Ciò risulta dal codice Marco 25a, per quanto si è potuto finora decifrare. || Dal catasto onciario (anno 1746) “il Portello” è il nome di un quartiere, non di una contrada. Vi possedeva la sua casa il bracciale Antonino Maci (cfr. p. 2v).
Portuso: era una delle quattro porte di Seminara. Da essa una strada conduceva alla cantonera di Cotellè, a quanto pare di capire dal Manoscritto di Tiberio d’Aquino.
PP Minori: convento. Percepisce un legato perpetuo da parte di Antonio d’Alessandro come si apprende da O7r..
PP Predicatori: il convento dei PP. Predicatori è indicato in O3v (e spesso anche in altri passi) come percettore di censi.


Q


Quartieri e borghi: scheda sincronica e diacronica.  Quartieri precedenti il terremoto del 1783:
Nell’anno 1742 vige la seguente suddivisione territoriale:
I. S. Maria la Porta seu li Pignatari. - Da un atto notarile del 1785 (pp. 34a-35b; B. 22, Vol. 398, Not. Giuseppe Benedetto) si apprende che ancora nel dicembre 1784, «nella distrutta Città nel quartiero di S. Maria della Porta» , era rimasta intatta la «casa di fabbrica» di Mastro Michelangelo Iudisco, stimata per una valore di 219 ducati. La casa fu poi distrutta per farvi passare la regia strada, cioè in epoca coeva alla testimonianza dei due fabbricatori, resa per fini di indennizzo, nel gennaio 1785. || Il catasto onciario riporta che in detto “borgo” possedeva la sua casa Antonino Clementi (p. 4v),  Antonio di Condina (p. 15v). Lo stesso catasto onciario parla invece di “quartiere” S. Maria La Porta per la casa in affitto dove abitava Antonio Cascetta (p. 17v). Abitava pure nel borgo detto semplicemente li Pignatari mastro Antonino Russo (p. 22r).
II. SS.mo Rosario. – In catasto onciario, p. 11r, si dice che Antonino Schimizzi, bracciale, abita in casa propria nel quartiero del SS.mo Rosario seu del Carminello. Nello stesso quartiere abitava pure Antonio Barritteri (p. 21r).
III. Scaturco e S. Maria dei Poveri. -
IV. S. Petrello e Gisterna. - Di un quartiere detto “la Gisterna” fa menzione Tiberio D’Aquino (p. 28), a prpoposito di «due casaleni» sopra i quali Mastro Domenico Bellecca pagava «ogni anno carlini sedici bullale». Questi censi furono dati dalla defunta Donna Petronilla Aquino, con istrumento fatto il 15 novembre 1734 dal notaio di Seminara Antonio Vicari. Si apprende dal D’Aquino che i due “casaleni” limitavano con un trappeto degli stessi Aquino.
V. il Santissimo. - È detto anche “le Carcere”, secondo quanto si trova in Tiberio d’Aquino (p. 27)  dove si dice il signor Rossi aveva una casa, che venne ipotecata, «nel quartiere detto il Santissimo, seu le Carcere», limitante – la casa del Rossi – con quella del Dottor fisico D. Domenico Lanzo. Ne parla ancora il d’Aquino (p. 28) riferendo che “ Magnifico Michele Morabito paga ogni anni carlini tre di cenzo bullale sopra la casa dove abita nel quartero detto il Santissimo, che pervenne detto cenzo del Casaleno censuito da detta Petronilla Aquino a Mastro Giuseppe Murabito padre del detto Michele e lo vende per docati cinque, con pagare l’annualità di carlini tre, come appare dall’istrumento stipulato per l’atti di Notar Domenico Repaci di questa Città fatto il 19 Settembre 1732”. ||  Nel catasto onciario, p. 14v, si dice di Agostino Longo, bracciale, e della sua famiglia che abitano nel quartiere del Santissimo, senza altra specificazione.
VI. S. Giorgio seu Sanità. -
VII. S. Basilio seu delle Carceri. -
VIII. Borgo di S. Francesco d’Assisi. - Questo quartiere, se corrisponde a quello nominato da Tiberio d’Aquino nel Manoscritto sul terremoto del 1783, fu quello in cui si assembrò per abitarvi la popolazione superstite. Erano “male” le baracche ivi edificate ed era pure “mala” l’aria che si respirava. || È nominato nel catasto onciario del 1746. Nel “borgo” possedeva la sua casa Antonino Giofré (p. 3v), Antonio d’Agostino (p. 13r), Antonino Smeraglia (18r), Antonio Iannello (p. 21v), Antonio Morabito (23v).
IX. Mauriconi seu Spilinga. - Riporto, per ciò che interessa e se ne può capire, dalla Genealogia dei d’Aquino, p. 39: «Aveva ancora la medesima Donna Petronilla, esigeva carlini trenta cinque sopra la Casa, che abbitava Mercurio Gioffrè Berazzo, nel quartiero detto Maricoli in questa Città, oggi questa Casa è abitata di Giuseppantonio di Condina, Gennaro di detto Gioffrè, che l’ebbe in dote nel testamento della cennata Aquino, lasciò detto cenzo a suo nipote uterino D. Antonio Silivestri, come appare del testamento allo quale Donna Petronilla mia Testatrice esigeva ancora altri carlini venti per capitale di… ch’esigeva ogni anno d’Antonino Chirri di questa città, che l’aveva sopra un fondo nella contrada S. Vito, la medesima D. Petronilla si fondò un anniversario, in questa insegne Collegiati di prima fondaz.e con obbligo di dire una messa cantata sino che campa, nel giorno della vigilia del S. Natale, e quando muore nel giorno della sua morte, che fu a 11 agosto 1743, questo anniversario appare nella Tabella di detta Collegiata». Così è, come risulta dal codice Barba, p. 7b.
X. Duca di Marmo. || Nel catasto onciario (p. 157v) si dice che Domenico Caldarazzo, di professione scarparo, abita nella contrada il Duca di Marmo seu La Piazza.
XI. Santo Nicola. –  Era il nome di una delle chiese, ma anche il nome di un quartiere della Seminara precedente il terremoto. Saverio Gioffrè, che si richiama ad «antichi manoscritti», che ha «avuto occasione di compulsare», oggi non più rintracciabili, dice che nel quartiere si trovava la chiesa omonima ed inoltre il «palazzo della nobile famiglia Mezzatesta».
XII. Belvedere SS. Annunziata. – Nel catasto onciario si legge (p. 5r) che il nobile don Antonio d’Alessandro abitava “in casa propria sita nel quartiero Belvedere”.
XIII.  S. Giuseppe seu del Monte. -
XIV. Portello seu Santo Mercurio. – Lo Portello è nominato già in un documento parrocchiale del 1608.
Dal catasto onciario, inoltre:
1°) Quartiere di S. Francesco di Paula, sopra le carceri: vedi p. 155v.
– Un quartiere detto di S. Barbara è nominato da Tiberio Aquino. Vi possedeva una casa Girolamo D’Aquino, padre di Tiberio. La vendette a Bono Lamarra e passò poi a Antonino Re alias Scaravagline. || Lo stesso quartiere S. Barbara è menzionato dal catasto onciario (p. 24r). Vi possedeva una casa affittata Antonio Morabito.
– Negli atti notarili successivi al terremoto del 1783 si trova menzione dei seguenti distrutti “quartieri”:
a) Quartiere di Santa Maria degli Angeli. – Vi abitava in una baracca, sua abituale abitazione, Domenico Cidoni, infermo,  presso cui si recava nel 1785 il notaio Giuseppe Benedetto, per redigerne le ultime volontà.
– Nelle carte del Seicento si trovano le seguenti denominazioni di Quartieri:
1°) San Giacomo.


R

Race (lo): contrada menzionata nel catasto onciario (p. 19r). Vi possedeva un fondo Antonio Grimaldi.
Regio Sacro Monte: lo si trova menzionato in O6r come possessore di beni. Se avesse sede in un suo proprio edificio fisico è da appurare o presumere. I libri contabili dovevano essere conservati in qualche luogo fisico.
Rosace: Località nominata nel Manoscritto di Tiberio d’Aquino. Vi era un orto di Don Gregorio Sanchez.
Rosario (lo): contrada che si trovava dentro la città antica di Seminara. Nell’anno 1591 risulta dal codice Marco (p. 22b) l’esistenza di una casa in detta contrada interna alla città; questa casa limitava con altra casa. Si pagava un censo alla madre chiesa, con atto stipulato dal Notaio Fabio Poeta il 23 settembre 1591. || Di una contrada detta il Rosario si trova menzione nel catasto onciario. Vi si trovava una casa di Antonino Dominici (16v).



S

(Per S. San, Sant’ vedi sotto il nome)

Santa Venera: località oggi nella parte di Seminara che sale verso Barrittieri, ma il cui nome (Santa Vennera) si trova già in Tiberio Aquino. Se la località così denominata oggi è la stessa di quella antica, Tommaso Aquino vi possedeva uno stabile «alborato di molte albore fruttiferi con cinquanta salme d’olivi», passato poi alla Casa Melara e poi ancora alla Casa calogero. || Il toponimo esiste già nell’anno 1571. In contrada Santa Vennera si trova un fondo di gelsi, olivi ed altri alberi. Vedi il codice Marco p. 23v.
Santanna (o Sant’Anna): uno dei cinque villaggi di Seminara menzionati dal Fiore. Gli altri erano Santopalo, Pesolo, Palmi, Strangì.
Santissimo: quartiere – Ne parla il d’Aquino (Platea, p. 28) riferendo che il “Magnifico Michele Morabito paga ogni anni carlini tre di cenzo bullale sopra la casa dove abita nel quartero detto il Santissimo, che pervenne detto cenzo del Casaleno censuito da detta Petronilla Aquino a Mastro Giuseppe Murabito padre del detto Michele e lo vende per docati cinque, con pagare l’annualità di carlini tre, come appare dall’istrumento stipulato per l’atti di Notar Domenico Repaci di questa Città fatto il 19 Settembre 1732”.
Santopalo (o Sant’Opalo): villaggio di Seminara menzionato dal Fiore come già rovinato nel secolo in cui scrive. Altra grafia, forse più corretta, che trovasi nel De Salvo è Sant’Opalo. Vedi anche “Opulo” (S.), che trovasi nel codice Marco 14a, dove si registra un censo dell’anno 1609. || Il toponimo si trova già nei Registri di Luigi III d’Angiò agli inizi del Quattrocento (v.).
Scaturchio: in contrada detta Giovanni de Scaturchio, i Registri angioini di Luigi III documentano questo toponimo per l’anno 1425. Vi possedeva alcune case Giovanni Grimaldi detto Frerio (n. 391).
Serro (lo): contrada di cui si fa menzione nel catasto onciario (p. 19r). Vi possedeva un fondo don Antonio Grimaldi. Detto anche limaddi in O6r,
Strade: Nella Seminara del 1783, o prima ancora, il sistema viario era basato su alcune vie principali: 1) la strada detta di sotto andava dall’Ospedale o da San Mercurio, ove si giungeva dalla strada che partiva dalla porta principale detta del Borgo, e giungeva fino a Santa Maria la Porta; 2) un’altra strada detta di mezzo andava dal Soccorso e terminava alla chiesa dei Miracoli al Borgo.
Stradone: indicato al rigo “Strada” dello stato civile del 1809.
Strangì: villaggio di Seminara menzionato dal Fiore, come già rovinato al tempo in cui egli scrive.


T

Tonnara: il nome di questa nota località marina, oggi nel comune di Palmi, esisteva già tal quale nel 1792 all’epoca del viaggio del Galanti, per il quale però la pesca del tonno che avrebbe dovuto giustificare il toponimo non era più attuale: si riferiva ad un passato remoto di cui nessuno conservava memoria diretta e che era forse improbabile.
Tofalo: contrada di cui in catasto onciario,  6v.
Trepizzi (tre pizzi): nome di una contrada cosi detta, di cui parla Tiberio Aquino. La Casa Aquino vi possedeva un fondo di olive. || Anche in catasto onciario, 5v, 6v e passim.
Trodio (lo): contrada in Palmi nominata l’anno 1609 nel codice Marco, p. 16b. Tal Federico Solano si impegnava a pagare un censo alla chiesa parrocchiale di Seminara.


U V

Vaianò: lo stesso che Santa Maria della Pace.
Vitica: in un fondo sito in una contrada con questo nome (se ben leggo) la Insigne Colleggiata pagava fin dal 1664 un censo perpetuo di venti carlini al convento di Santa Maria degli Angeli.
Vito (S.): fondo il cui nome compare in un atto del 1850 conservato nell’Archivio parrocchiale. – Nella Genealogia dei d’Aquino si parla di ‘terre di S. Vito’ sopra le quali, nel Settecento, la casa d’Aquino esigeva dei censi perpetui, dalle seguenti persone: 1) Antonio Murabito Sidoro; 2) Domenico Murabito Sidoro; 3) Domenico Cidoni; 4) D. Girolamo Lamari di Lauriana; 5) Antonio Avellino; 6) Vidua d’Antonio Genuese; 7) M° Antonio Benedetto; 8) L’eredi di Giuseppe Capoferro; 9) M. Salvatore Zetera; 10) Santo Murabito Sidoro; 11) Tomaso Genuese; 12) Antonino Foti il Siciliano; 13) D. Antonino e Gioanni d’Agostino; 14) Giuseppe Ant.° Condina; 15) M° Giuseppe d’Angelo. Per una somma complessiva di ducati 36,750. || In “contrada” S. Vito il catasto onciario riporta la proprietà di un “territorio” alborato e vitato di quattro moggi posseduto dal bracciale Antonino Giofré (p. 3v). Nel catasto onciario la contrada S. Vito ricorre abbastanza spesso. Per una elencazione dei passi si rinvia al database in corso di redazione.


W X Y

Z



[1] « … e questa non è mia professione», riconosce l’autore stesso, nella prefazione a p. 9 della Genealogia.

Nessun commento:

Francesco Russo: «Filarete di Calabria», voce in Enc. Cattolica

 FILARETE di CALABRIA, santo.  Asceta basiliano, nato a Palermo nel 1020 da genitori calabresi, deportati dai Saraceni, morto il 6 aprile 10...