Dizionario
storico-toponomastico
di Seminara
Nell’elenco alfabetico di espressioni con più
termini occorre cercare sotto l’elemento più significativo e meno generico. Si
tenta di unificare la grafia nella forma che pare più corretta o più frequente,
dando tra parentesi le differenti grafie di uno stesso toponimo riportato dai
documenti. I toponimi si riferiscono generalmente al territorio storico di Seminara,
ma comprendono anche le contrade comprese dalla Cassa Sacra nel territorio del
distretto omonimo o che possono comunque leggersi nei documenti studiati.
Quando possibile, si specifica il territorio comunale delle contrade fuori di
Seminara. Questa Sezione è finalizzata prevalentemente alla toponomastica,
rurale ed urbana. Dati sistematici sono ricavati dal catasto onciario, il cui
anno di redazione, cioè il 1746, si dà ogni volta come noto.
Lettura conciario fino a: 7r.
A
Addellari: in questa contrada Michele Arena acquistò dalla Cassa
Sacra un fondo a vigneto, uliveto e frutteto, di tomolate 11,50, del valor
capitale di 775 ducati. Il fondo era appartenuto al Convento dei Basiliani.
Dati riportati da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Afrara (Sant’Afrara, L’Afrara, Lafrara): in questa contrada il barone Cesare Franco acquistò dalla Cassa
Sacra un uliveto, che unito ad altro situato in contrada Santa Venera aveva un
valor capitale di 2200 ducati. Il fondo era appartenuto al Convento dei
Paolotti. Nella stessa contrada [Lafrara] fu acquistato da Francesco Grillo un
altro fondo del valor capitale di 4 ducati, appartenuto alla Chiesa di San Luca
di Melicuccà. Dati riportati per il distretto di Seminara da Placanica,
«Origini…», pp. 524-31.
Alonzo: in questa contrada il massaro Giuseppe Bianchino acquistò
dalla Cassa Sacra un uliveto, di tre tomolate e mezza, del valor capitale di
204,16 ducati. Il fondo era appartenuto alla Cappella di San Marco. Nella
stessa contrada fu acquistato da Saverio Mezzatesta un altro uliveto del valor
capitale di 100 ducati, appartenuto al Convento dei Domenicani. Dati riportati
per il distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Amensa: contrada, probabilmente di Melicuccà. Tal Guglielmo Romeo
vi acquistò dalla Cassa Sacra un vigneto del valor capitale di 75 ducati. Il
fondo era appartenuto alla Convento di Sant’Elia di Melicuccà..
Amorosello (Ambrosello, Amoroso): in questa contrada il massaro Antonio Adornato acquistò dalla
Cassa Sacra un uliveto del valor capitale di 475 ducati. Il fondo era
appartenuto alla Cappella di San Marco. Nella stessa contrada [ma Ambrosello,
secondo Placanica] fu acquistato da Domenico Carrozza un altro uliveto del
valor capitale di 302 ducati, appartenuto al Convento di Sant’Elia, di
Melicuccà. Se trattasi ancora di una stessa contrada con grafia variata [Amoroso]
risulta ivi un altro acquisto di uliveto, fatto da Giuseppe Gambacorto, per un
valor capitale 1.101 ducati. Questo fondo apparteneva pure al Convento di
Sant’Elia di Melicuccà. Tutti questi dati sono riportati in tabella da
Placanica, «Origini», pp. 524-530 (Distretto di Seminara, comprensivo dei
comuni di Drosi, Gioia, Melicuccà, Palmi, Rizziconi, Rosarno, Sanfile,
Sant’Anna, Seminara).
Andrea (S.): toponimo indicato in un atto notarile del 1646. Un
tale di nome Andrea ricorre nella vita di San Fantino narrata dal Fiore. Esiste
forse una relazione tra il toponimo e il nome. || Andrea (Sant’): in
questa contrada i fratelli baroni Michele e Vincenzo Marzano acquistarono dalla
Cassa Sacra un uliveto del valor capitale di 346 ducati. Il fondo era appartenuto
alla Chiesa di Santa Maria dei Miracoli. Nella stessa contrada i baroni Marzano
acquistarono un altro uliveto del valor capitale di 159,25 ducati, di 1
tomolata, appartenuto alla Cappella di San Marco. Ancora gli stessi nella
stessa contrada fecero un altro acquisto di uliveto, per un valor capitale 188
ducati. Questo fondo apparteneva alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie.
Risulta ancora nella stessa contrada un fondo di uliveto del valor capitale di
125 ducati, acquistato da Bruno Zirilli e appartenuto alla Chiesa di Santa
Maria dei Miracoli. Tutti questi dati sono riportati in tabella da Placanica,
«Origini», pp. 524-530. || Dal catasto onciario (p. 1r), dell’anno 1746,
apprendiamo che in questa contrada Antonio Masseo, conciatore, possedeva un
fondo di olive di tre moggi.
Angeli: contrada di S. Maria degli – Si legge di una contrada con
questo nome nel codice Marco 24a. Nel 1569 vi comperava un fondo arborato con
vigna e gelsi per 80 ducati Giovanni Vincenzo Filippone. Detto fondo limitava
con altro fondo di un Tuppo, con altro della ducal corte di Seminara e con
l’orto del monastero di Santa Maria degli Angeli.
Angeli: orto del monastero di Santa Maria degli – Sappiamo che
esisteva, già nel 1569, un orto annesso al monastero di S. Maria degli Angeli
grazie al codice Marco 24a che lo indica come uno dei confini di un fondo
arborato con vigna e gelsi comprato da Giovanni Vincenzo Filippone.
Annunziata (Nunziata, La): contrada. Dalla Istoria… della Reale
Accademia (1784) si legge: «…Nella contrada dell’Annunziata la natura si prese diletto di offrire una scena opposta
a quella, che spiegò ne’ piani inclinati: se ivi convertì in valle un luogo
inclinante al montuoso, nella contrada dell’Annunziata ebbe il capriccio di
elevare un monte, ove prima si profondava una valle. Colà vedesi emersa dal
seno della terra una massa ingente di creta concacea, la quale ove si estolle
in alto a guisa di monte, e ove signoreggia, e preme il suolo della valle con
numerose zolle di creta, ridotta in isparsi frantumi». || Se Annunziata sta
pure per «contrada la Nunziata» abbiamo nella Genealogia Aquino, pp. 32-34 la
seguente descrizione topografica antecente il terremoto del 1783, che riporto
per esteso, pur mancando esse di ortografia e di grammatica[1]:
«Nella contrada la Nunziata si possiede un stabile di tomolati coranta circa
alborato di tutte le sorte di di albore fruttiferi e vigna, e terre scapole con
due case di dentro, una sopra, e l’altra di sotto, d’un fianco, che guarda al
mezzogiorno della parte di sopra limita le beni del Rev.do Can.co D. Concesso
Zangari, più sotto colle olive della Ven.le Chiesa di Santa Maria dei Miracoli,
di sotto, che guarda al fiume coll’olivi della Ven.le Chiesa di S. Pietro, che
andavano col stabile dette Olivari, di sotto, che guarda all’Oriente, limita
col fiume corrente, della parte della Tramontana con una strada pubblica che di
sopra di d.a strada lo stabile di D. Emmanuele Sanchez di
questa Città, più sopra un piccolo fondo d’olive di N.r Domenico Repace di
questa Città, sopra al piano, che guarda ancora alla Tramontana colle olivi del
Ven.le Convento delle P.P. Paolini, di sopra, che guarda all’Occidente con una
strada pubblica, che di sopra sono l’olivi del Regio e Pio Monte di questa
Città, colle olivi del Ven.le Monistero di S. Mercurio, questo stabile tiene
due corpi d’olivi, l’uno piccolo alquanto sfelesato col fiume che limitanno
colle olivi della Ven.le Chiesa di S. Pietro come dissimo – l’altro corpo più
grande, e d’altra parte che limita colle olive dei PP. Paolini, e con quelli di
N.r Repace come dissi, colla via pubblica, che saglino d.e olive sin al piano,
che tutte le due corpi, sono trenta salme circa diseperati quelli d’aumento; il
detto stabile più poco assai del mità che presentemente, perché l’altra mità,
ch’entri dal Cancello a parte destra fu compra e cambio che fece Grigori
Silivestri e Petronilla Aquino coniugi che cambiarono con un giardino che
possedevano le coniugi in questo territorio nella contrada Caranto, con
Francesco Pistarchi; il piano che limita con Zangari, e colle coste delle
pioppe, tutto questo appare dell’istrumento di cambio stipulato per l’atti di
N.r Domenico Guardata di questa Città fatto a 11 aprile 1705 e ci rimase al
detto Francesco nel suo fondetto Macherà, altre sette macine d’olive e mezza
con due altre tomolate di terra e pantana e li comprò detto Gregorio Silivestro
le dette macini setti e mezza colli due tomolati di terra; e li pantana, il
canneto di Pistarchi, ci fece donazione al Silivestri, che puoi Petronilla
Aquino alla morte del detto Silivestri detta compra si le giudicò indodario, e
sopra il suo Dodario fundò il beneficio di S. Pietro, e delle olive che comprò
detto suo marito del Pistarchi, colle due tomolate di terra che puoi furono
piantate olivare, alla Morte, ed nel testamento della mentovata Aquino, ci li
lasciò alla Chiesa di S. Pietro di questa Città, che limitanno d.e olivare di
S. Pietro, della parte di sopra colle terre dello stabile della Nunziata del
lato che guarda al mezzogiorno, cole olive della Ven.ble Chiesa di S. Matria de
Miracoli di questa Città, di sotto col fiume corrente, e dell’altro lato, con
quelle puoche olivi della Casa Aquino, quando l’ebbe d.e olive quelle puoche
olivi della Casa Aquino, quando l’ebbe dette olive la d.a Chiesa, erano tutte
bene, puoi più anni vi sortirono grandilluvione e detto Corpo d’olive patì
assai, come ancora patì detto stabile della Nunziata, che al presente, è tutto
sfelesato, e della parte del fiume s’ha perso più di 3 tomolate di terra, ed
appena oggi vi sono di sette macini e mezza, esistente quattro macini, che il
romanente per causa delle sfilese, tutte sono cascate, e le piccole…» [il testo
continua fino a p. 34, misto a indicazione tanto varie quanto di ardua
comprensione]. || Nunziata (La): contrada di cui si fa menzione nel
libro del Monte di Pietà conservato (e non ancora inventariato) presso
l’Archivio storico del Comune di Seminara. Il documento è del febbraio 1780 e
viene dato limite confinante i PP. Domenicani. - Secondo la Genealogia Aquino
(p. 35) la contrada Barona è detta anche Mazzina. || In questa contrada il
canonico Francesco Antonio Aquino acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto del
valor capitale di 575 ducati. Il fondo era appartenuto al Convento dei
Paolotti. Nella stessa contrada Tiberio Aquino acquistò un uliveto, di 1
tomolata, del valor capitale di 75 ducati, appartenuto alla Cappella di San
Marco. Ancora nella stessa contrada fece altro acquisto di uliveto Cristoforo
Bianchino, per un valor capitale 20 ducati. Questo fondo apparteneva alla
Cappella di Santa Maria del Soccorso. Risulta ancora nella stessa contrada
[detta ora anche Cannola] un fondo di uliveto del valor capitale di 125
ducati, di tomolate 1,50, acquistato da Vincenzo Longo e appartenuto alla
Chiesa di Santa Maria dei Miracoli. Nella stessa contrada ancora Vincenzo Longo
acquistava un fondo di 1,50 tomolate, del valor capitale di 124 ducati,
appartenuto alla Chiesa e all’Ospedale dello Spirito Santo. Lo stesso Vincenzo
Longo vi acquistava ancora un uliveto di 1,25 tomolate del valor capitale 135
ducati appartenuto al Monastero dell’Annunziata. Vi acquistava ancora Pietro
Lovecchio un fondo del valor capitale di 160 ducati appartenuto al Convento dei
Domenicani. Pietro Montalto vi acquistava altro fondo del valor capitale di
2801 ducati, appartenuto al Convento dei Domenicani. Tutti questi dati sono
riportati in tabella da Placanica, «Origini», pp. 524-530.
Annunziata: monastero. Se ne ha menzione in O6r in quanto
possessore di beni in contrada Papocchia.
Antìfona (L’): in questa
contrada Francesco Sanchez acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto del valor
capitale di 200,50 ducati. Il fondo era appartenuto alla Cappella di Santissimo
Sacramento. Dati riportati da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Antonio (S.): contrada nominata da
Tiberio Aquino.
Avati: in questa contrada il notaro Antonio Pizzarello acquistò
dalla Cassa Sacra un uliveto, di tomolate 6, del valor capitale di 440 ducati.
Il fondo era appartenuto alla Cappella di San Marco. Dati riportati da
Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
B
Balsamo (lo): contrada di cui nel catasto onciario, 5v. Vi
possedeva un fondo alborato Antonio d’Alessandro.
Baratta: Placanica riporta per la contrada Baratta (? =
ricontrollare!) la vendita a Francesco Antonio Longo un fondo in parte a
uliveto e in parte a castagneto del valor capitale di 370 ducati, di tomolate
2, appartenuto alla Cappella di San Marco.
Barbara: quartiere di S. – Quartiere
nominato da Tiberio Aquino. Vi possedeva una casa Girolamo D’Aquino, padre di
Tiberio. La vendette a Bono Lamarra e passò poi a Antonino Re alias
Scaravagline.
Barona (detta anche Màzzina):
contrada di cui si fa menzione nel libro del Monte di Pietà conservato (e non
ancora inventariato) presso l’Archivio storico del Comune di Seminara. Il
documento è del febbraio 1780 e viene dato limite confinante i PP. Domenicani.
- Secondo la Genealogia Aquino (p. 35) la contrada Barona è detta anche
Mazzina. || In questa contrada il reverendo Domenico Arena acquistò dalla Cassa
Sacra un uliveto del valor capitale di 100 ducati. Il fondo era appartenuto
alla Chiesa di Santa Maria dei Poveri. Nella stessa contrada Marco Bianchini
acquistò un altro uliveto del valor capitale di 275 ducati, appartenuto al
Convento dei Domenicani. Ancora nella stessa contrada fece altro acquisto di
uliveto Vincenzo Masseo, per un valor capitale 90 ducati. Questo fondo
apparteneva alla Cappella di San Marco. Risulta ancora nella stessa contrada un
fondo di uliveto del valor capitale di 1.000 ducati, acquistato dal barone
Saverio Mezzatesta e appartenuto alla Convento dei Domenicani. Nella stessa
contrada ancora Saveri Mezzatesta acquistava un fondo di 3 tomolate, del valor
capitale di 482 ducati, appartenuto al Monte delle Cento Messe. Giuseppe
Antonio Muscari vi acquistava invece un uliveto di 2 tomolate del valor
capitale 300 ducati appartenuto al Monastero dell’Annunziata. Tutti questi dati
sono riportati in tabella da Placanica, «Origini», pp. 524-530. || Dal catasto
onciario (p. 2r) apprendiamo che Antonio Masseo possedeva un fondo sul quale
pagava un censo bullale. Ancora in catasto onciario, p. 9r, per un fondo
alborato posseduto in detta contrada Barona da Antonino Evangelista, giusta li
beni di donna Petronilla d’Aquino.
Baronella: in questa contrada Manilio Falvetti acquistò dalla Cassa
Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di 275,10 ducati. Il fondo era
appartenuto alla Cappella di San Marco. Nella stessa contrada fu acquistato dal
massaro Filippo Cordova un altro fondo del valor capitale di 103 ducati,
appartenuto al Convento dei Paolotti. Dati riportati per il distretto di
Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Basiliani: Strada nominata nell’Anagrafe dell’anno 1809. Anche
“quartiere” in documento coevo del 1811, presente nell’Archivio parrocchiale
dell’Insigne Colleggiata. Anche Convento con annessa chiesa di San Filareto,
come risulta per il 1783 dal Manoscritto del d’Aquino. || I PP. Basiliani sono
indicati spesso nel catasto conciario come percettori di censi; v. 4v.
Basilio (San): contrada. Trovasi l’indicazione in atto del notaio
Pietro Antonio Cristofero del 1634. Altra indicazione della contrada di S.
Basilio si trova in un atto notarile del 1689, conservato nell’Archivio
parrocchiale. Vi era la casa di Giuseppe Spinelli, dove il maestro d’ascia
Antonio Martello eseguì lavori forse non pagati a sufficienza. Fu riparato il
tetto (una giornata di lavoro) ed occorsero duecento settanta ceramida. – Pure
nome di una delle 32 chiese elencate da Tiberio d’Aquino nel suo Manoscritto
sul terremoto del 1783, sotto il titolo delle Anime del Purgatorio. – Altra
indicazione trovasi in un documento dell’archivio parrocchiale del 1608. ||
Contrada: in questa contrada risulta per il 1761 (codice Barba, 111a) una per
la quale don Tiberio Aquino doveva un censo di ducati 3:66:8 alla Collegiata,
regolarmente scritto in Bilancio.
Bastiolo (Lo): in questa contrada Rosario Arena acquistò dalla
Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di 103,20 ducati. Il fondo
era appartenuto al Convento dei Domenicani. Dati riportati per il distretto di
Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Belluccia: in questa contrada il barone Antonio Franco acquistò
dalla Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di 750 ducati, di 4
tomolate. Il fondo era appartenuto al Convento dei Basiliani. Nella stessa
contrada fu acquistato da Giuseppe Antonio Rossi un altro fondo del valor
capitale di 260 ducati, e di tomolate 1,50, appartenuto pure al Convento dei
Basiliani. Dati riportati per il distretto di Seminara da Placanica,
«Origini…», pp. 524-31.
Belvedere: contrada di cui in catasto onciario, p. 7r. Detto anche quartiere in 5r. Vi abitano i
D’Alessandro (5r) come pure i Grimaldi. Ma anche il dr. Tobia Satriano che
abita in una casa sulla quale paga un censo redimibile ad Antonio d’Alessandro
(O7r).
Biagio (Biaggio), San: Placanica
riporta per questa contrada la vendita ai baroni fratelli Michele e Vincenzo
Marzano un uliveto del valor capitale di 525 ducati, di tomolate 4, appartenuto
alla Cappella di San Marco.
Bizola (li Bizzola):
denominazione di una strada esistente nel 1783. Se ne fa menzione nel
Manoscritto di Tiberio d’Aquino (v.): «vi è l’orto agrumi di D. Antonio Franco
e dentro vi era una casetta di tavole». || Risultano alla Cassa Sacra,
nell’anno 1786, «Atti relativi alla vendita di un fondo di ulivi nella Contrada
Bizzola che prima apparteneva al sospeso Convento dell’Annunziata di Seminara
sopra l’offerta fatta da D. Antonio Franco.» (V.C., b. 69, v. 3158). ||
Placanica riporta per la contrada Bissola la vendita al barone Antonio Franco
un uliveto del valor capitale di 150 ducati, di tomolate 1,12, appartenuto al
Monastero dell’Annunziata. Dati riportati per il distretto di Seminara in
appendice al volume «Origini…», pp. 524-31. || Il toponimo lo si trova come in
uso nell’anno 1696, quando secondo il libro dei Defunti (p. 284a) vi morì
casualmente un tal Orazio Lirosi. || In questa contrada risulta per il 1761
(codice Barba, 110a) un fondo per il quale il reverendo don Pasquale Tudisco
doveva un censo di 10 carlini alla Collegiata, regolarmente scritto in Bilancio.
|| Anche in catasto onciario, p. 6r. Vi possedeva un fondo alborato Antonio
d’Alessandro, un altro fondo lo possedeva Antonio Grimaldi (p. 19r).
Bonello: Placanica riporta per questa contrada la vendita a
Giuseppe Mangione un uliveto del valor capitale di 145 ducati, di tomolate 1,
appartenuto alla Cappella di San Marco.
Bonello piccolo: Placanica riporta per questa contrada la vendita a
Giorgio Jannelli un uliveto del valor capitale di 130 ducati, appartenuto alla
Cappella di San Marco.
Burgo (Lo): se ne parla in ASNA: Ruffo di Scilla: B. 31: Fasc. 1:
a. 1584, a proposito di un fondo di proprietà di Santoro Puglisi.
C
Cadararo: in questa contrada il barone Basilio Franco acquistò
dalla Cassa Sacra un uliveto, di tomolate 10, del valor capitale di 1.376,10
ducati. Il fondo era appartenuto alla Chiesa ed all’Ospedale dello Spirito
Santo. Dati riportati da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Caglioffo (Lo): in questa contrada Antonino Celi con altri acquistò
dalla Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di 50 ducati, di
tomolate 0,25. Il fondo era appartenuto alla Chiesa di San Marco. Dati
riportati per il distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Calamona: fondo nominato fra altri in documento dell’Archivio
parrocchiale.
Candiloro: in questa contrada Domenico Genua acquistò dalla Cassa
Sacra un uliveto del valoro capitale di 110 ducati, appartenuto alla Cappella
di San Marco.
Cannava: pertinenza di Seminara, che nel 1603 rende tomoli 22 di
grano e di cui si ha notizia in ASN, Significatorie
e petizione di relevii, II serie, vol. 37, cc. 172v.-173r. Titolari del
feudo erano Giacomo Antonio Selvaggio, nonno e nipote omonimi.
Cannizza: in questa contrada
Girolamo Coscinà acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor
capitale di 942,75 ducati, di tomolate 8. Il fondo era appartenuto alla Chiesa
di Santa Maria dei Miracoli. Dati riportati per il distretto di Seminara da
Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Cannizzara: contrada. Dalla Istoria della Reale Accademia (1784) si
legge: «È fama che in contrada Cannizzara, tra un podere di D. Tiberio
d’Aquino, vi era un albero di arancio, su cui stava per avventura un giovane.
Si vuole che parte di questo terreno con una pietra da mulino, sostenuta da un
pilastro con varj sedili di fabbrica, che la circondavano, con alcuni vasi di
fiori, e finalmente coll’albero d’arancio, e ’l giovane stesso, che su vi
poggiava, fossero stati trasportati altrove, o per circa mezzo miglio, o per minore
distanza secondo i detti degli altri. Noi li riferiamo come un fatto di udita; ma ne creda ciascuno ciò, che più
gli aggrada».
Cannola di sopra: in questa contrada Cristoforo Bianchino acquistò
dalla Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di 875 ducati, di
tomolate 5. Il fondo era appartenuto alla Chiesa di Santa Maria dei Miracoli.
Dati riportati per il distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp.
524-31.
Campanile: si apprende dalla Platea dei Grillo di Melicuccà di “un
magnifico campanile” edificato in Seminara e dovuto a Don Basilio Grillo, morto
nel 1738.
Caracciolo: contrada esistente con questa denominazione già nel
catasto onciario (v. p. 555r), cioè nel 1746. Si fa menzione di una casetta in
campagna, di proprietà di don Francesco Mezzatesta e data in affitto a
Giovanbattista Celi di Melicuccà che vi abitava con la famiglia.
Caranta: contrada nominata da Tiberio d’Aquino (p. 33). || Anche in
catasto onciario, 5v. Vi possedeva un fondo Antonio d’Alessandro.
Carcarella: era la denominazione della
contrada dove nell’Ottocento fu costruito l’attuale palazzo Mezzatesta, oggi in
rovina. La località assunse poi il nome di salita dei Cappuccini. Questa
notizia è tratta da fonte orale, cioè dallo stesso don Saverio Mezzatesta,
sulla base dei suoi archivi di Famiglia. Questi fissano nell’Ottocento senza
possibilità di dubbio l’epoca della costruzione dnel palazzo, da taluni
studiosi datato per le caratteristeche costruttive addirittura al Cinquecento.
Carceri (delli): Strada nominata nell’Anagrafe dell’anno 1809. ||
Contrada di cui nel catasto onciario del 1746 a p. 6v. Si trovava una casa
palaziata, isolata, con piccolo orticello di dietro per uso della medesima. Era
affittata da don Antonio d’Alessandro alla magnifica Petronilla per annui
ducati sei, ma a suo volta il d’Alessandro doveva al convento dei Paolini un
peso di ducati sei che assorbiva tutta la rendita. Vicino alla casa c’era un
trappeto d’olio sempre di proprietà di don Antonio d’Alessandro.
Carrà: fondo che nel 1790 apparteneva ai PP. Basiliani. Ne fa
menzione il libro di carico redatto per la Cassa Sacra da Gaetano Soriano (v.
39°, p. 375), che ne dà i confini, uno dei quali confinante con il fiume, gli
altri tre con proprietà degli stessi Basiliani. Si trovano riferimenti alle
trasformazioni topografiche conseguenti al terremoto.
Castagnara della guardia (Castagnara): se è corretta la lettura di «sopra uno loco in contrada la
castagnara de la guardia limito la via publica…» nel Codice Marco 2B, questo
toponimo esiste fin dal 1608. | In contrada “castagnara” il barone Cesare
Franco acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, del valor capitale di 175 ducati.
Il fondo era appartenuto alla cappella del Santissimo Sacramento di Palmi. Dati
riportati da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Castagnare della Vina (le):
altro nome nel 1761 per indicare la contrada di S. Margherita (v.).
Castellace: Per l’anno 1643 questa località risulta dai Regi
Assensi feudo di Palmi: i suoi primi frutti venivano venduti da Francesca
Profida al chierico Francesco de Piazza.
Castello: Dal “Regesto delle pergamene di Castelcapuano”: «851. –
1652, marzo 9, indiz. V, Seminara. Vendita alle monache del monastero di S.
Mercurio di Seminara dell’ordine di S. Chiara, da parte di Desiderio Trifano e
suor Magnifica La Porta, di un fondo ed una casa in detta terra rispettivamente
in contrada Melizzano e in contrada Castello per duc. 50».
Ceramida: parte di territorio separatosi da Seminara nel 1834. Vedi
ASRC, Inv. 5, B. 192, f. 7928.
Ceramidio: in questa contrada Michele Arena acquistò
dalla Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di 700 ducati. Il
fondo era appartenuto al Monastero dell’Annunziata. Nella stessa contrada fu
acquistato dal massaro Michele Collura un fondo del valor capitale di 50
ducati, appartenuto alla Chiesa ed all’Ospedale di San Marco. Un altro fondo lo
acquistò Giuseppe Longo, per un valor capitale di 30,10 ducati, appartenuto
alla Cappella di San Marco. Dati riportati per il distretto di Seminara da
Placanica, «Origini…», pp. 524-31. || Nel catasto onciario, p. 11v, si trova il
toponimo ‘La Ceramida’, contrada nella Antonino Avellino possedeva un fondo.
Cinnerata (La): contrada di Seminara la cui indicazione si trova
nella Platea Cevoli di Melicuccà del 1720.
Coladumbra: contrada nominata da Tiberio Aquino. || In contrada con
questo nome il barone Antonio Fransco acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto,
del valor capitale di 100 ducati, di tomolate 0,75. Il fondo era appartenuto al
Convento dei Paolotti. Dati riportati per il distretto di Seminara da
Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Conciare (Le): in questa contrada il barone Cesare Franco acquistò
dalla Cassa Sacra un uliveto, del valor capitale di 300 ducati e di tomolate
2,50. Il fondo era appartenuto alla Chiesa di Santa Maria dei Poveri. Dati
riportati da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Consolazione: contrada di Santa Maria della – Se ne ha notizia dal
codice Marco (27a-b) come esistente nel 1543. Vi era una casa sottomessa a
censo in favore della madre chiesa.
Contura: località più volte nominata da Tiberio d’Aquino nel
manoscritto descrittivo del terremoto in Seminara nell’anno 1783. || In
contrada con questo nome Domenico Di Capria acquistò dalla Cassa Sacra un
uliveto, del valor capitale di 100 ducati. Il fondo era appartenuto alla
cappella del Purgatorio di Melicuccà. Dati riportati per il distretto di
Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Conzuri (li): se questo toponimo non è una variante del più recente
Conturia, allora si tratta di un toponimo ben più antico e documentato nel 1425
dai Registri angioini di Luigi III (n. 391). Vi possedeva un mulino Giovanni
Grimaldi, detto Frerio.
Corona (La): il toponimo è già esistente nel 1466 nell’«Jnventario
de li jntrati de la terra de Seminara» ordinato da Ferrante I°.: «Et cum la
dicta baglia si nce intende uno pheudo chi si dice La Corona, che si sole
vendere circha o vero dudichi thumina de grano et tucta è venduta onze tredichi
ut supra, sive Oz. XIIj.».
Cosimo e Damiano: contrada di S.– Se ne ha notizia dal codice Marco
(27a-b) come esistente nel 1543. Vi era una casa sottomessa a censo in favore
della madre chiesa. Detta contrada si trovava dentro la città, cioè dentro le
sue mura.
Cosoleto: è indicato come casale di Seminara da tempo immemorabile
in una fonte angioiana del 1420; cfr. Carte Blasco, n° 99, p. 7. Pertanto tutti
i riferimenti a Cosoleto anteriori al 1420 verranno senz’altro incorporati nel
materiale documentario relativo a Seminara.
Costa (La): in questa contrada il renerendo Domenico Arena acquistò
dalla Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di 140 ducati. Il
fondo era appartenuto al Monastero dell’Annunziata. Dati riportati per il
distretto di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Costa Macrì: in questa contrada il barone Francesco Saverio Franco
acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto di 11 tomolate, del valor capitale di
1.080 ducati, appartenuto al Convento dei Paolotti.
Coste Nasca: in questa contrada il barone Cesare Franco acquistò
dalla Cassa Sacra un uliveto, del valor capitale di 600 ducati. Il fondo era
appartenuto al Monastero dell’Annunziata. Dati riportati da Placanica,
«Origini…», pp. 524-31.
Cotellé: nome di una cantonera che risulta dal Manoscritto di
Tiberio d’Aquino sul terremoto del 1783. Vi si narra che che da questo,
trovando 22 cadaveri, venne sterrata la strada per andare alla Porta del
Portuso.
Croce Murata (della): Strada nominata nell’Anagrafe dell’anno 1809.
Crupi: in questa contrada Rosario Arena acquistò dalla Cassa Sacra
un uliveto, che aveva un valor capitale di 300 ducati, di tomolate 3,50. Il
fondo era appartenuto alla Cappella di San Marco. Nella stessa contrada fu
acquistato dai baroni fratelli Michele e Vincenzo Marzano un fondo del valor
capitale di 126 ducati, appartenuto al Convento dei Basiliani. Un altro fondo
lo acquistarono gli stessi baroni, per un valor capitale di 680 ducati,
appartenuto al Convento dei Padri Osservanti. Dati riportati per il distretto
di Seminara da Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Cugliamona: in questa contrada il notaio Antonio
Calogero acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto, che aveva un valor capitale di
100 ducati, di tomolate 0,75. Il fondo era appartenuto alla Chiesa ed
all’Ospedale dello Spirito Santo. Dati riportati per il distretto di Seminara da
Placanica, «Origini…», pp. 524-31.
Cuppari: contrada della quale si ha notizia dal catasto onciario
(p. 19v). Vi possedeva un territorio parte boscoso parte aratorio don Antonio
Grimaldi. Su di esso pagava un censo all’abbazia di S. Fantino.
Cuzzopodi: in questa contrada il barone Francesco Saverio Franco
acquistò dalla Cassa Sacra un uliveto del valor capitale di 480 ducati, che era
appartenuto alla cappella del Santissimo Sacramento di Palmi, ovvero di
Seminara, secondo dati contradditori riportati in tabella da Placanica. Nella
stessa contrada acquistò pure altro uliveto di 11 tomolate e del valoro
capitale di 1.050 ducati, appartenuto invece al convento dei Paolotti. Da
Placanica. || Da una ricevuta, conservata nell’Archivio storico parrocchiale,
si apprende che il 10 settembre 1698 don Vincenzo Geraci, procuratore della
venerabile chiesa di San Leonardo, riscuoteva dal Canonico Procuratore della
Colleggiata don Giuseppe de Alessandro un carlino di censo che la colleggiata
pagava sopra un capo di olive in contrada Cuzzopodi. Il censo era già
stato di Nunzio Benedetto. || Il catasto onciario fa menzione di un fondo di
proprietà di don Antonio Grimaldi situato in contrada Cuzzopodi (p. 19r).
D
Duca di Marmo: piazza. – Era il nome di una piazza nella Seminara
precedente il terremoto del 1783.
Due Vie (le): contrada nominata nel Libro di Carico (v. 39°, p.
373), del 1790, redatto da Gaetano Soriano per la Cassa Sacra. Vi possedeva
terre aratorie il monastero dei PP. Basiliani.
E
F
Feudo (Lo): di questo toponimo si ha traccia già nel 1584 in un
atto del notaio Nicola Antonio Oliva di Melicuccà. Si tratta di un atto
negoziale che vede protagonisti il reverendo Giovanni Andrea de Franco ed il
principe Fabrizio Ruffo di Sinopoli. L’atto si trova in ASNA: Ruffo di Scilla:
Busta 31: Fasc. 1, dove si trovano carte sciolte non numerate.
Figurella: contrada il cui toponimo esiste già in atti del 1660.
Filareto (S.): monastero basiliano. Ne riferisce Tiberio d’Aquino nel
Manoscritto sul terremoto ed era ancora in attività nel 1783. – Evidentemente,
dal monastero traeva nome la relativa contrada, dove si trovavano beni dei
d’Aquino. Riporto testualmente da p. 39: «Possedeva la casa Aquino, e per essa
la fu detta Petronilla un bellissimo stabile, nel territtorio di questa Città
nella contrada detta S. Filoreto, l’Aquini lo chiamavano il stabile
dell’Abbate; questo era di tomolate dodici circa, alborato di Gelzi neri, e
altri albori fruttiferi, con quattro salme di ulive di dentro, si pagava sopra
detto stabile carlini venti otto di cenzo perpetuo al Monistero di S. Filoreto
di questa Città, sopra a detto corpo di stabile vi erano le Messe ch’oggi son
fondati in beneficio nella detta Chiesa di S. Pietro di questa predetta Città;
poi la cennata D. Petronilla fece detto Beneficio sopra l’avanzi della roba
d’Aquino, che ha fatto suo marito Silivestri, e d’essa giudicati indodario, e
venne a liberare detto stabile di detto peso di messe conforme dissimo quando
parlammo del Beneficio, questo poi nella morte della referita Donna Petronilla,
detto stabile lo lasciò al suo servo e serva Littario Caruso, ed Antonia
Calabrò coniugi, per amore e benevolenza, come si vede nel suo ultimo
testamento al quale per detto di Caruso appena si gosè il stabile, o uno, o due
anni, e poi si l’esitò l’anno 1747 a D. Emmanuele Sanchez, ed oggi il medesimo
lo possiede con aumentarlo di vigna ed empiendolo tutto d’olive». | In località
S. Filareto si trovavano intorno al 1820 vasti terreni demaniali, come risulta
da carte conservate nell’ASRC. || Di una contrada S. Filareto si trova menzione
nel catasto onciario. Vi possedeva un fondo Antonino Dominici (p. 16v). || Si
ricava daf fondo R. giunto all ASP che il convento di S. Filareto fu totalmente
distrutto dal terremoto del 1693. L’ubicazione dovrebbe essere in un proprietà
oggi di Fortunato Rinaldo.
Fiumara: di Santa Anna. Trovasi questa indicazione in atto del
notaio Pietro Antonio Cristofero del 1632. La fiumara è tuttora esistente ed un
suo tentativo di deviazione ad opera di privati ha provocato in questo secolo
due morti: racconto di testimoni (mia madre).
Fiumicello (il): in questa contrada risulta per il 1761 (codice
Barba, 110a) un fondo per il quale il canonico don Giuseppe Clemente doveva un
censo di 15 carlini alla Collegiata, regolarmente scritto in Bilancio.
Fontana delle Carcere: nominata da Tiberio d’Aquino: «…e andammo
avanti la fontana delle Carcere che colà v’erano mille gente…». Con riferimento
alla toponomastica del 1783, al momento del terremoto.
Fontanelle: così detto un fondo intercluso in S. Anna, il cui nome
trovasi in un atto giudiziario del 1929, conservato nell’Archivio parrocchiale,
con ivi esposti le parti e i motivi della lite.
Forese (lo): contrada di cui nel catasto onciario, p. 5v. Vi
possedeva un fondo Antonio d’Alessandro.
Francesco d’Assisi (san): è indicato come toponimo di un borgo in
O3v, dove abita in casa propria Antonino Giofrè.
Francesco di Paola (san) : convento. Ne è menzionata l’esistenza in
O5v. Possedeva dei beni in contrada Santa Maria, giusta i confini con i beni di
Antonio d’Alessandro.
Funnara: Strada che iniziava dalla porta principale, detta del
Borgo, e portava fino al Petrace. Tiberio Aquino (Genealogia, p. 105) dà le
seguenti notizie: «La strada della Funnara che principia dalla porta del Borgo
sin al fiume di Petrace, vi era una impetrata che terminava sino a detta porta
di questa città ed era tutta rotta e fracassata, che l’inverno appena si poteva
camminare, era tanto pessima la strada che la posta non si fidava più di
passare, detta strada era antica, e s’ha per certo chee l’insilicata fu fatta
quando passò Carlo V da Seminara, ci fu ordine della Regia Camera che si
facesse di nuovo detta strada, ed in tempo del Governo di D. Agazio Mezzatesta
ed Antonio Melara Sindaci, la fecero a spese universale colle M.e di Bagnara e
di Scilla e si prinncipiò delle 14 aprile 1766, e si terminò a 3 agosto 1776
fatigando per ogni giorno otto mastri e 20 manuali e 50 figliole per fare lo
sterro, la spesa fu D. 1379,41,6 come i vede del conto di d.i Sindaci».
G
Giorgio: contrada di San – Nome di una
delle 32 chiese (v.) elencate da Tiberio d’Aquino ma anche di una contrada: in
questa contrada risulta per il 1761 (codice Barba, 110b) una casa per la quale
si doveva un censo di ducati alla Collegiata, regolarmente scritto in Bilancio.
Giovanni: contrada di San – In questa contrada risulta per il 1761
(codice Barba, 111b) un fondo per il quale si doveva un censo di 1 ducato alla
Collegiata, regolarmente scritto in Bilancio.
Gisterna: quartiere –
Della sua esistenza parla Tiberio Aquino (Platea, p. 28) che dice: “Mastro
Domenico Bellecca pagava ogni anno carlini sedici bullale, sopra due casaleni
nel quartiero detto la Gisterna, limito dove aveamo il trappeto”.
H
I J K
L
Limaddi: vedi Maddi.
Lucia (S.): località (contrada) più
volte nominata in un documento parrocchiale del 1608. Vi si trovavano fondi di
gelsi. || Il castato onciario (p. 25r) indica anche un secondo nome per la
stessa località: S. Lucia seu la Paterna.
M
Macherà: contrada nominata da Tiberio d’Aquino (p. 33).
Maddi (li): contrada nominata da Tiberio Aquino. Se ne ha menzione
in O6r con la grafia limaddi ed è anche specificato come altra denominazione il
serro (seu il serro).
Malamorte: contrada rurale di cui si apprende dal catasto onciario
(p. 2v). Vi possedeva un territorio arborato e vitato di due moggi e mezzo
Antonino Maci, di professione bracciale. A 281rbis è indicato come secondo nome
di Torre Spinella. Dato interessante perché in località Torre Spinelli vi fu
nel 1671 una contesa fra Palmesi e Seminaresi, dove morì un seminarese. Forse
il termine “mala morte” si riferisce a questo evento. Naturalmente, occorrono
altri elementi per convalidare questa che al momento è una congettura.
Margerita (S.): (detta anche “le Castagnare della Vina”) in questa
contrada risulta per il 1761 (codice Barba, 110b) un fondo per il quale si
doveva un censo di 1 ducati alla Collegiata, regolarmente scritto in Bilancio.
|| Dal catasto onciario (p. 5r) apprendiamo che in detta “contrada” possedeva
un fondo alborato e vitato il nobile don Antonio d’Alessandro, confinante con altro
del magnifico don Antonio Grimaldi.
Maria (S.): Borgo di S. Maria seu li
Pignatari, in Onciario 1r. Vi
abitava in casa propria Antonio Masseo coll’annua rendita di oncie 40 dovute
alla Collegiata di prima fondazione. || Strada
nominata nell’Anagrafe dell’anno 1809.
Maria degli Angeli (S.): altro nome
della contrada di S. Antonio, nominata da Tiberio Aquino.
Maria dell’Arco (Santa): nome di una delle 32 chiese elencate da
Tiberio d’Aquino nel suo Manoscritto sul terremoto del 1783.
Maria della Grazia: chiesa. La si trova menzionata in O6r,
Maria dell’Indirizzo (S.): capella sita dentro la chiesa madre.
Percepisce un legato da parte di Antonio d’Alessandro: 7r.
Maria La Porta (S.): Strada nominata nell’Anagrafe dell’anno 1809.
|| Arco di Santa Maria La Porta –
Sotto l’Arco di S. Maria La Porta, dice Tiberio d’Aquino, si ritrovarono 17
cadaveri, periti in conseguenza del terremoto del 1783. || Si dice borgo S.
Maria La Porta in O4v. Vi abitava in casa propria Antonino Clementi. Sulla sua
casa non gravavano censi o rendite di nessun tipo.
Maricoli: quartiere – Quartiere della Seminara settecentesca, di
cui parla Tiberio Aquino. Vi era una casa da cui D. Petronilla Aquino esigeva
35 carlini.
Mauriconi: contrada di cui si legge nel catasto onciario, p. 10v.
Vi abitava in casa propria il bracciale Antonino Ré.
Màzzina: contrada detta anche Barona (v.): «Mazzina seu Barona»
(Aquino). Tiberio d’Aquino riporta testualmente dal “libro vecchio” quanto
segue: «oggi a 21 Novembre 1598 fu stato stimato l’oliveto nella contrada detta
Mazzina seu Barona dal Rev.do D. Giacinto Sivio pubblico apprezzatore per salmi
quarantuna» (p. 35). || In questa contrada risulta per il 1761 (codice Barba,
110b) un fondo per il quale Francesco e Giuseppe Evangelista dovevano una
porzione di censo per 25 grana alla Collegiata, regolarmente scritto in
Bilancio. || Anche in catasto onciario, p. 5v.
Melizzano: Dal “Regesto delle pergamene di Castelcapuano”: «851. –
1652, marzo 9, indiz. V, Seminara. Vendita alle monache del monastero di S.
Mercurio di Seminara dell’ordine di S. Chiara, da parte di Desiderio Trifano e
suor Magnifica La Porta, di un fondo ed una casa in detta terra rispettivamente
in contrada Melizzano e in contrada Castello per duc. 50».
Mercato: è indicato nel Manoscritto di Tiberio d’Aquino sul
terremoto del 1783 come il luogo intorno a cui («proprio nel mezzo») si andava
edificando la nuova pianta del paese. Corrisponde, con ogni verosimiglianza,
all’attuale Piazza Vittorio Emanuele III.
Mercato (del): Strada nominata nell’Anagrafe dell’anno 1809. Anche
“quartiere” in atto coevo del 1811, presente nell’Archivio parrocchiale
dell’Insigne Colleggiata.
Mercurio (san): monastero. Lo si trova
così menzionato in O6r.
Michele (S.): Strada nominata
nell’Anagrafe dell’anno 1809. Anche “quartiere” in atto coevo del 1811,
presente nell’Archivio parrocchiale dell’Insigne Colleggiata.
Montoro: salvo errore di trascrizione di Isabella Orefici, questo
toponimo esiste in Seminara nel 1425. Luigi III d’Angiò confermava il possesso
di un feudo sito in detto territorio a Antonio de Sonnino (reg. n. 400).
Mortaro: Strada così
detta nell’Anagrafe dello stato civile dell’anno 1809.
N
Nicola (S.): contrada di cui nel catasto onciario, p. 6v. Antonio
d’Alessandro Vi possedeva una rendita di 3 ducati e mezzo sopra una casa casa
abitata da Giuseppe di Domenico.
Nicola: quartiere di San – Era in nome di una delle chiese, ma
anche il nome di un quartiere della Seminara precedente il terremoto. Saverio
Gioffrè, che si richiama ad «antichi manoscritti», che ha «avuto occasione di
compulsare», ma oggi non sono più rintracciabili, dice che nel quartiere si
trovava la chiesa omonima ed inoltre il «palazzo della nobile famiglia
Mezzatesta».
O
Opulo: contrada di S. – Contrada nominata nel codice Marco a p.
14a, cioè relativamente all’anno 1609. Un tal Fabio Vitetta pagava un censo
alla venerabile chiesa madre sopra un fondo arborato ivi situato. || Il
toponimo è documentabile fin dal 1425 nei Registri angioini di Luigi III (vedi).
Ospedale: è menzionato come possessore di beni in O6r in contrada
Papocchia.
P
Palazzi: 1) quello di Franco, nella Seminara del 1783, si trovava
secondo la descrizione del d’Aquino, di fronte al campanile del convento di San
Francesco d’Assisi, appena entrati dalla porta del Borgo. 2) quello dei
Mezzatesta doveva trovarsi nel quartiere detto di S. Nicola. Da questo palazzo
nella Seminara di prima del terremoto, sono stati recuperati elementi
costruttivi utilizzato nel palazzo Mezzatesta costruito durante l’Ottocento.
Palmi: è indicato dal Fiore come un villaggio di Seminara nel
secolo in cui scrive. Era stato appena smembrato e venduto agli Arena.
Nell’opera di Alberti, del 1578 (v.), un secolo prima, è indicata come
“contrada”. Parrebbe che si sia sviluppata da semplice contrada a villaggio, se
i due termini hanno un valore semantico distinto. Nel 1609, nel codice Marco
(p. 15a), trovasi “in questa terra di Palme”, dove tal Annibale Riccio
possedeva una casa per la quale pagava u censo alla venerabile chiesa
parrocchiale della città di Seminara. Ancora prima, nel 1385, la terra di Palmi
era donata in feudo da re Carlo a Jacopo Caracciolo, detto il Viola (v. carte
Blasco). || Notizie di un Caracciolo detto pure Viola si trovano in S. Ammirato
(Nob. Nap., 111) che però è indicato come Enrico, anziché Jacopo, ed appartenente
al ramo dei Caracciolo Rossi. La datazione del personaggio corrisponde con
quella delle carte Blasco. In Ammirato non si parla però del feudo di Palmi, di
importanza evidentemente inferiore rispetto al feudo di Gerace che ebbe con il
titolo di Conte. Di Enrico si dice che fu assai bello nell’aspetto ed assai
caro alla regina Giovanna. Enrico Viola oltre al titolo di Conte di Gerace fu
gran Camerlengo e maestro di casa. Finì male, spogliato dei beni e degli averi.
Conclude Ammirato: «Quando egli si fosse morto & chi fosse stata sua moglie
a me è nascosto, se non che di lui rimase un figliuolo detto Antonio» (p. 111).
Paolotti: altura – Nella Istoria… della Reale Accademia (1784) è
indicata una «altura de terreni appartenenti a’ Padri Paolotti. Su tale sito
scoprivasi un orrendo e mostruoso rivolgimento di terra. Il piano inclinato,
che terminava le pendici di questo podere, era nabbificato, e in una profonda
valle degenerato; e ciò, che rendea più compiuto lo spettacolo, era il vedere
che una possessione, la quale era sul largo di questo piano inclinato, rimase
di sbalzo gettata, per la distanza di 6 o 700 passi, su d’un altro terreno, che
giace al di là della valle, ove or veggonsi le viti, le fabbriche, e gli
alberi, giacenti e tratti di lancio fuori della propria sede».
Papao: contrada nominata da Tiberio Aquino.
Papocchia: contrada di cui in O6r, Vi possedeva dei beni Antonio
d’Alessandro.
Passo (il): contrada il cui nome risulta da un’ipoteca del 1773. In
questa contrada tal Francesco Collura ipotecava per quaranta ducati una sua
vigna di cui vengono indicati i limiti a pagina 445 di un volume dei debitori
del Monte di Pietà non inventariato dell’Archivio storico del Comune di
Seminara.
Paterna (la): in questa contrada risulta per il 1761 (codice Barba,
110a) un fondo per il quale il canonico don Giuseppe Clemente doveva un censo
di 15 carlini alla Collegiata, regolarmente scritto in Bilancio. || Lo stesso
toponimo lo si trova ancora risalendo all’anno 1569, nel codice Marco 24a, dove
si parla di “una lenza di terri” che Giovanbattista Spoliti comprò in contrada
la Paterna da Alessandro Spinello. || Nel catasto onciario (p. 25r) si dice “S.
Lucia seu la Paterna”, per cui le due località dovrebbero coincidere.
Pesolo: villaggio di Seminara menzionato dal Fiore come già
rovinato nel secolo in cui scrive.
Petrolina: venne detta così la contrada di S. Vito, perché vi si
trovava una terra data a censo perpetuo da Donna Petronilla D’Aquino e sulla
quale fu fatta una vigna. Narra ciò Tiberio Aquino. || Il nome della contrada
Petrolina si trova però anche nel catasto onciario, p. 5v. Vi possedeva un
fondo Antonio d’Alessandro.
Petrolo: contrada nominata da Tiberio Aquino. Diverso è dunque il
toponimo da quello di Petrolina. La denominazione Petrolo si è conservata fino
ad oggi, ma della contrada Petrolina non si è tramandata memoria.
Petto di Furia: Per l’anno 1647 dai documenti del Consiglio
Collaterale indicati dalla Mazzoleni: “vendita del feudo detto di Petto di Furia sito in Seminara fatto da
Giulia Mezzatesta di Seminara a Michele Cavallo.
Piazze: Dal catasto onciario, redatto nell’anno 1746, si ricavano i
seguenti nomi di piazze, insieme con informazioni relative ai residenti:
1°) Piazza di S. Maria La Porta.
Vi abita in casa propria Antonino Vaccaro di professione Bottegaro (p. 61r).
2°) Piazza di S. Basilio. Vi
abitava il notaio Antonio Vicari: “Abita a casa propria nella piazza di S.
Basilio con poco giardinello di dietro che rende di censo perpetuo al monistero
delli Basiliani annui ducati tre, ed annui grana sette e mezzo al convento
delli Domenicani e più annui grana sette e mezzo alla mensa vescovile ed annui
carlini tre per legato di tre messe l'anno per l'anima del quondam don Antonio
Calogero suo zio” : vedi p. 84r. Nella stessa piazza si affacciava pure una
casa del Dott. Fisico Francesco Zangari (p. 177v). Per questa casa che si trova
confinante con la casa di don Antonio Costarella il dottor Zangari esigeva
annui carlini 37 e mezzo da Mastro Antonio Scidà. Si apprende ancora dalla pag.
239r che Giandomenico Zetera, bottegaro, abitante con la sua famiglia in
contrada S. Maria La Porta, “possiede altra casa nella piazza di S. Basilio per
uso della bottega”. Sopra detta casa lo Zetera pagava annui ducati 6,75 a don
Giorgio Rossi ed altri ducati 0,10 di censo minuto ai PP. Domenicani. Per avere
una idea della dimensione della bottega può riflettersi – comparativamente con
altre situazioni analoghe – che il capitale impiegato in detta bottega era di
ducati 140 (centoquaranta) ed il guadagno stabilito nella misura del 15 per
cento, cioè ducati 21. || Importante e decisiva è la pagina 503r del catasto
onciario dove si dice che la chiesa dello Spirito Santo con il suo Ospedale
“possiede sei botteghe sotto l’Ospedalenella piazza di San Basilio che affitta
per annui docati ventidue e mezzo che dedotti carlini venti d’acconci restano
ducati 20:50 sono oncie 68:10”. La piazza di San Basilio si trovava dunque
adiacente l’Ospedale, che pare sia oggi individuato, se corrisponde
l’indicazione corrente. Nei pressi dovrebbe trovarsi il disegno di una piazza.
|| Si apprende ancora da p. 282v che il nobile Giovambattista Monizio
"possiede altra casa solarata con bottega nella piazza di S. Basilio che
affitta per annui ducati sei, dedotto il 4°, ed annui carlini trenta di censo
alla chiesa di S. Basilio, restano carlini quindici". || Sempre dal
catasto onciario (p. 48v) apprendiamo che Antonino Polimeni, chianchero, ossia
macellaio, abitava in casa d'affitto di don Domenico di Franco sita nelle
stessa piazza San Basilio, che a questo punto appare ormai la piazza principale
della Seminara precedente il terremoto del 1783. ||
Pietra della farina (la): contrada menzionata nel catasto onciario
(p. 19r). Vi possedeva un fondo don Antonio Grimaldi.
Pietre Nere: con riferimento alla torre la località è indicata,
all’incirca nel 1638, come facente parte del territorio di Seminara nelle
relazioni sulla difesa costiera del Vicario Generale Giovan Tomaso Blanch: «La
Torre de las Piedras negras territorio de Seminara no ha padeçido nada». Si fa
però menzione subito prima della “Torre de Palmi” e subito dopo della “Torre de
Joja”.
Pignatari (li): in questa contrada risulta per il 1761 (codice
Barba, 110b) una casa per la quale Francesco e Giuseppe Evangelista dovevano
una porzione di censo per 25 grana alla Collegiata, regolarmente scritto in
Bilancio. Ed ancora risultano nello stesso anno (111b) altri censi per altre
case, ragion per cui si può pensare ad un abitato in detta contrada. || Pure
con il nome di contrada si trovano ‘li pignatari’ in catasto onciario, p. 9r.
Vi abitava nel 1746 Antonino Evangelista, capofamiglia, padre di Francesco (di
anni 17) e Giuseppe (di anni 18). I dati del catasto onciario, e cioè il
pagamento di un censo di grana 25 alla collegiata, corrispondono perfettamente
con quelli sopra riportati e presi dal libro di bilancio della Collegiata. Il
catasto onciario parla anche di una casa contigua, dove abitava la stessa
famiglia.
Pirajno: “luogo” di cui si apprende dal catasto onciario (p. 2v).
Vi possedeva un territorio Antonino Maci.
Pizzinni: in questa contrada risulta per il 1761 (codice Barba,
110b) un fondo per il quale Mastro Bruno Tedesco doveva un censo di 2 ducati
alla Collegiata, regolarmente scritto in Bilancio. || Anche in catasto
onciario, p. 6r. Vi possedeva un fondo alborato Antonio d’Alessandro.
Ponte: un ponte per antonomasia è nominato da Tiberio d’Aquino nel
suo Manoscritto sul terremoto e di esso si dice che ne fu ingegnere Don
Vincenzo Sciaramuga, detto appunto il “Gegnere del Ponte”.
Porta del Borgo: era la porta principale della città. Nella
descrizione del d’Aquino si dice che «si vedevano due torre» nel cui mezzo era la
porta. Dal rilievo più antico, celebrativo dell’ingresso trionfale di Carlo V,
conservato nell’attuale edificio del Comune, paiono riconoscibili le stesse due
torri. Per cui l’impianto architettonico della Porta del Borgo descritto dal
d’Aquino deve farsi risalire ad almeno due secoli prima. Entrando, si trovava a
destra il convento di San Francesco con un bellissimo campanile. Di fronte (sc.
al campanile) si trovava il palazzo di Franco. La strada proseguiva fino a San
Mercurio che a sua volta si trovava dinnanzi all’Ospedale. Qui forse, se si
legge bene dal d’Aquino, si trovava una biforcazione: una strada detta di sotto
andava fino a Santa Maria la porta; l’altra detta di mezzo principiava dal
Soccorso e terminava alla chiesa dei Miracoli al Borgo.
Portello (lo): contrada interna alla città, dove nel 1583 veniva
comprata una casa limitante con altra casa e la via pubblica. Ciò risulta dal
codice Marco 25a, per quanto si è potuto finora decifrare. || Dal catasto
onciario (anno 1746) “il Portello” è il nome di un quartiere, non di una
contrada. Vi possedeva la sua casa il bracciale Antonino Maci (cfr. p. 2v).
Portuso: era una delle quattro porte di Seminara. Da essa una
strada conduceva alla cantonera di Cotellè, a quanto pare di capire dal
Manoscritto di Tiberio d’Aquino.
PP Minori: convento. Percepisce un legato perpetuo da parte di
Antonio d’Alessandro come si apprende da O7r..
PP Predicatori: il convento dei PP. Predicatori è indicato in O3v
(e spesso anche in altri passi) come percettore di censi.
Q
Quartieri e borghi: scheda sincronica e diacronica. Quartieri precedenti il terremoto del 1783:
Nell’anno 1742 vige la seguente
suddivisione territoriale:
I. S. Maria la Porta seu li
Pignatari. - Da un atto notarile del 1785 (pp. 34a-35b; B. 22, Vol. 398,
Not. Giuseppe Benedetto) si apprende che ancora nel dicembre 1784, «nella
distrutta Città nel quartiero di S. Maria della Porta» , era rimasta intatta la
«casa di fabbrica» di Mastro Michelangelo Iudisco, stimata per una valore di
219 ducati. La casa fu poi distrutta per farvi passare la regia strada, cioè in
epoca coeva alla testimonianza dei due fabbricatori, resa per fini di
indennizzo, nel gennaio 1785. || Il catasto onciario riporta che in detto
“borgo” possedeva la sua casa Antonino Clementi (p. 4v), Antonio di Condina (p. 15v). Lo stesso
catasto onciario parla invece di “quartiere” S. Maria La Porta per la casa in
affitto dove abitava Antonio Cascetta (p. 17v). Abitava pure nel borgo detto
semplicemente li Pignatari mastro Antonino Russo (p. 22r).
II. SS.mo Rosario. – In catasto
onciario, p. 11r, si dice che Antonino Schimizzi, bracciale, abita in casa
propria nel quartiero del SS.mo Rosario seu del Carminello. Nello stesso
quartiere abitava pure Antonio Barritteri (p. 21r).
III. Scaturco e S. Maria dei
Poveri. -
IV. S. Petrello e Gisterna.
- Di un quartiere detto “la Gisterna” fa menzione Tiberio D’Aquino (p. 28), a
prpoposito di «due casaleni» sopra i quali Mastro Domenico Bellecca pagava
«ogni anno carlini sedici bullale». Questi censi furono dati dalla defunta
Donna Petronilla Aquino, con istrumento fatto il 15 novembre 1734 dal notaio di
Seminara Antonio Vicari. Si apprende dal D’Aquino che i due “casaleni”
limitavano con un trappeto degli stessi Aquino.
V. il Santissimo. - È
detto anche “le Carcere”, secondo quanto si trova in Tiberio d’Aquino (p.
27) dove si dice il signor Rossi aveva
una casa, che venne ipotecata, «nel quartiere detto il Santissimo, seu le
Carcere», limitante – la casa del Rossi – con quella del Dottor fisico D.
Domenico Lanzo. Ne parla ancora il d’Aquino (p. 28) riferendo che “ Magnifico
Michele Morabito paga ogni anni carlini tre di cenzo bullale sopra la casa dove
abita nel quartero detto il Santissimo, che pervenne detto cenzo del Casaleno
censuito da detta Petronilla Aquino a Mastro Giuseppe Murabito padre del detto
Michele e lo vende per docati cinque, con pagare l’annualità di carlini tre,
come appare dall’istrumento stipulato per l’atti di Notar Domenico Repaci di
questa Città fatto il 19 Settembre 1732”. ||
Nel catasto onciario, p. 14v, si dice di Agostino Longo, bracciale, e
della sua famiglia che abitano nel quartiere del Santissimo, senza altra
specificazione.
VI. S. Giorgio seu Sanità. -
VII. S. Basilio seu delle
Carceri. -
VIII. Borgo di S. Francesco
d’Assisi. - Questo quartiere, se corrisponde a quello nominato da Tiberio
d’Aquino nel Manoscritto sul terremoto del 1783, fu quello in cui si assembrò
per abitarvi la popolazione superstite. Erano “male” le baracche ivi edificate
ed era pure “mala” l’aria che si respirava. || È nominato nel catasto onciario
del 1746. Nel “borgo” possedeva la sua casa Antonino Giofré (p. 3v), Antonio
d’Agostino (p. 13r), Antonino Smeraglia (18r), Antonio Iannello (p. 21v), Antonio
Morabito (23v).
IX. Mauriconi seu Spilinga. -
Riporto, per ciò che interessa e se ne può capire, dalla Genealogia dei
d’Aquino, p. 39: «Aveva ancora la medesima Donna Petronilla, esigeva carlini
trenta cinque sopra la Casa, che abbitava Mercurio Gioffrè Berazzo, nel quartiero
detto Maricoli in questa Città, oggi questa Casa è abitata di Giuseppantonio di
Condina, Gennaro di detto Gioffrè, che l’ebbe in dote nel testamento della
cennata Aquino, lasciò detto cenzo a suo nipote uterino D. Antonio Silivestri,
come appare del testamento allo quale Donna Petronilla mia Testatrice esigeva
ancora altri carlini venti per capitale di… ch’esigeva ogni anno d’Antonino
Chirri di questa città, che l’aveva sopra un fondo nella contrada S. Vito, la
medesima D. Petronilla si fondò un anniversario, in questa insegne Collegiati
di prima fondaz.e con obbligo di dire una messa cantata sino che campa, nel
giorno della vigilia del S. Natale, e quando muore nel giorno della sua morte,
che fu a 11 agosto 1743, questo anniversario appare nella Tabella di detta
Collegiata». Così è, come risulta dal codice Barba, p. 7b.
X. Duca di Marmo. || Nel catasto
onciario (p. 157v) si dice che Domenico Caldarazzo, di professione scarparo,
abita nella contrada il Duca di Marmo seu La Piazza.
XI. Santo Nicola. – Era il nome di una delle chiese, ma anche il
nome di un quartiere della Seminara precedente il terremoto. Saverio Gioffrè,
che si richiama ad «antichi manoscritti», che ha «avuto occasione di compulsare»,
oggi non più rintracciabili, dice che nel quartiere si trovava la chiesa
omonima ed inoltre il «palazzo della nobile famiglia Mezzatesta».
XII. Belvedere SS. Annunziata. –
Nel catasto onciario si legge (p. 5r) che il nobile don Antonio d’Alessandro
abitava “in casa propria sita nel quartiero Belvedere”.
XIII. S. Giuseppe seu del Monte. -
XIV. Portello seu Santo Mercurio.
– Lo Portello è nominato già in un documento parrocchiale del 1608.
Dal catasto onciario, inoltre:
1°) Quartiere di S. Francesco di
Paula, sopra le carceri: vedi p. 155v.
– Un quartiere detto di S.
Barbara è nominato da Tiberio Aquino. Vi possedeva una casa Girolamo D’Aquino,
padre di Tiberio. La vendette a Bono Lamarra e passò poi a Antonino Re alias
Scaravagline. || Lo stesso quartiere S. Barbara è menzionato dal catasto
onciario (p. 24r). Vi possedeva una casa affittata Antonio Morabito.
– Negli atti notarili successivi
al terremoto del 1783 si trova menzione dei seguenti distrutti “quartieri”:
a) Quartiere di Santa Maria degli
Angeli. – Vi abitava in una baracca, sua abituale abitazione, Domenico Cidoni,
infermo, presso cui si recava nel 1785
il notaio Giuseppe Benedetto, per redigerne le ultime volontà.
– Nelle carte del Seicento si
trovano le seguenti denominazioni di Quartieri:
1°) San Giacomo.
R
Race (lo): contrada menzionata nel
catasto onciario (p. 19r). Vi possedeva un fondo Antonio Grimaldi.
Regio Sacro Monte: lo si trova
menzionato in O6r come possessore di beni. Se avesse sede in un suo proprio
edificio fisico è da appurare o presumere. I libri contabili dovevano essere
conservati in qualche luogo fisico.
Rosace: Località nominata nel
Manoscritto di Tiberio d’Aquino. Vi era un orto di Don Gregorio Sanchez.
Rosario (lo): contrada che si trovava
dentro la città antica di Seminara. Nell’anno 1591 risulta dal codice Marco (p.
22b) l’esistenza di una casa in detta contrada interna alla città; questa casa
limitava con altra casa. Si pagava un censo alla madre chiesa, con atto
stipulato dal Notaio Fabio Poeta il 23 settembre 1591. || Di una contrada detta
il Rosario si trova menzione nel catasto onciario. Vi si trovava una casa di
Antonino Dominici (16v).
S
(Per S. San, Sant’ vedi sotto il nome)
Santa Venera: località oggi nella parte
di Seminara che sale verso Barrittieri, ma il cui nome (Santa Vennera) si trova
già in Tiberio Aquino. Se la località così denominata oggi è la stessa di
quella antica, Tommaso Aquino vi possedeva uno stabile «alborato di molte
albore fruttiferi con cinquanta salme d’olivi», passato poi alla Casa Melara e
poi ancora alla Casa calogero. || Il toponimo esiste già nell’anno 1571. In
contrada Santa Vennera si trova un fondo di gelsi, olivi ed altri alberi. Vedi
il codice Marco p. 23v.
Santanna (o Sant’Anna): uno dei cinque
villaggi di Seminara menzionati dal Fiore. Gli altri erano Santopalo, Pesolo,
Palmi, Strangì.
Santissimo: quartiere – Ne parla il
d’Aquino (Platea, p. 28) riferendo che il “Magnifico Michele Morabito paga ogni
anni carlini tre di cenzo bullale sopra la casa dove abita nel quartero detto
il Santissimo, che pervenne detto cenzo del Casaleno censuito da detta
Petronilla Aquino a Mastro Giuseppe Murabito padre del detto Michele e lo vende
per docati cinque, con pagare l’annualità di carlini tre, come appare
dall’istrumento stipulato per l’atti di Notar Domenico Repaci di questa Città
fatto il 19 Settembre 1732”.
Santopalo (o Sant’Opalo): villaggio di
Seminara menzionato dal Fiore come già rovinato nel secolo in cui scrive. Altra
grafia, forse più corretta, che trovasi nel De Salvo è Sant’Opalo. Vedi
anche “Opulo” (S.), che trovasi nel codice Marco 14a, dove si registra un censo
dell’anno 1609. || Il toponimo si trova già nei Registri di Luigi III d’Angiò
agli inizi del Quattrocento (v.).
Scaturchio: in contrada detta Giovanni
de Scaturchio, i Registri angioini di Luigi III documentano questo toponimo per
l’anno 1425. Vi possedeva alcune case Giovanni Grimaldi detto Frerio (n. 391).
Serro (lo): contrada di cui si fa
menzione nel catasto onciario (p. 19r). Vi possedeva un fondo don Antonio
Grimaldi. Detto anche limaddi in O6r,
Strade: Nella Seminara del 1783, o
prima ancora, il sistema viario era basato su alcune vie principali: 1) la
strada detta di sotto andava dall’Ospedale o da San Mercurio, ove si giungeva
dalla strada che partiva dalla porta principale detta del Borgo, e giungeva
fino a Santa Maria la Porta; 2) un’altra strada detta di mezzo andava dal
Soccorso e terminava alla chiesa dei Miracoli al Borgo.
Stradone: indicato al rigo “Strada”
dello stato civile del 1809.
Strangì: villaggio di Seminara
menzionato dal Fiore, come già rovinato al tempo in cui egli scrive.
T
Tonnara: il nome di questa nota
località marina, oggi nel comune di Palmi, esisteva già tal quale nel 1792
all’epoca del viaggio del Galanti, per il quale però la pesca del tonno che
avrebbe dovuto giustificare il toponimo non era più attuale: si riferiva ad un
passato remoto di cui nessuno conservava memoria diretta e che era forse
improbabile.
Tofalo: contrada di cui in catasto
onciario, 6v.
Trepizzi (tre pizzi): nome di una
contrada cosi detta, di cui parla Tiberio Aquino. La Casa Aquino vi possedeva
un fondo di olive. || Anche in catasto onciario, 5v, 6v e passim.
Trodio (lo): contrada in Palmi nominata l’anno 1609 nel codice
Marco, p. 16b. Tal Federico Solano si impegnava a pagare un censo alla chiesa
parrocchiale di Seminara.
Vaianò: lo stesso che Santa Maria della
Pace.
Vitica: in un fondo sito in una
contrada con questo nome (se ben leggo) la Insigne Colleggiata pagava fin dal
1664 un censo perpetuo di venti carlini al convento di Santa Maria degli
Angeli.
Vito (S.): fondo il cui nome compare in
un atto del 1850 conservato nell’Archivio parrocchiale. – Nella Genealogia dei
d’Aquino si parla di ‘terre di S. Vito’ sopra le quali, nel Settecento, la casa
d’Aquino esigeva dei censi perpetui, dalle seguenti persone: 1) Antonio
Murabito Sidoro; 2) Domenico Murabito Sidoro; 3) Domenico Cidoni; 4) D.
Girolamo Lamari di Lauriana; 5) Antonio Avellino; 6) Vidua d’Antonio Genuese;
7) M° Antonio Benedetto; 8) L’eredi di Giuseppe Capoferro; 9) M. Salvatore
Zetera; 10) Santo Murabito Sidoro; 11) Tomaso Genuese; 12) Antonino Foti il
Siciliano; 13) D. Antonino e Gioanni d’Agostino; 14) Giuseppe Ant.° Condina;
15) M° Giuseppe d’Angelo. Per una somma complessiva di ducati 36,750. || In
“contrada” S. Vito il catasto onciario riporta la proprietà di un “territorio”
alborato e vitato di quattro moggi posseduto dal bracciale Antonino Giofré (p.
3v). Nel catasto onciario la contrada S. Vito ricorre abbastanza spesso. Per
una elencazione dei passi si rinvia al database in corso di redazione.
Z
[1] « … e questa non è mia professione», riconosce
l’autore stesso, nella prefazione a p. 9 della Genealogia.
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